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Il bacio delle comete: così nacque 67/P

Un “bacio” fra due comete entrate in collisione miliardi di anni. Così è nata 67/P. La ricerca pubblicata sulla rivista Nature.

67/P

ESA/Rosetta

Tutto comincia con un “bacio” anche la nascita delle comete, qualche volta. Così è nata 67/P Churyumov – Gerasimenko. Due comete, entrate in collisione alcuni miliardi di anni fa quando il nostro sistema solare si trovata ancora nello stadio primordiale, si sono fuse dando origine alla cometa più famosa degli ultimi tempi. Lo studio è stato guidato da Matteo Massironi, ricercatore dell’Università di Padova e associato INAF, ed è stato pubblicato nell’ultimo numero della rivista Nature. Nel team internazionale che ha condotto le indagini, col notevole contributo della camera OSIRIS con cui è equipaggiata Rosetta, ci sono anche gli astronomi INAF Gabriele Cremonese e Marco Fulle.

Si indagava già da tempo sulla particolare forma a doppio lobo del nucleo di 67P lasciando spazio anche alla fantasia. Fin da subito infatti è stata associata al profilo stilizzato di una papera. Le spiegazioni plausibili sulla sua forma sono due: o che il nucleo si sia formato dall’unione di due corpi celesti distinti, oppure che i fenomeni erosivi abbiano modellato nel tempo il nucleo di 67P fino ad arrivare alla sua attuale forma. Ora però si sa la verità, grazie all’analisi accurate delle immagini ad alta risoluzione della cometa che mettono in evidenza in varie zone la conformazione della struttura degli strati più interni del nucleo. La forma di 67P si è originata dall’urto a bassa velocità tra due distinti nuclei cometari. Il team è giunto a queste conclusioni dopo aver identificato e analizzato oltre 100 terrazze (strutture geologiche pianeggianti) presenti sulla superficie della cometa e alcuni strati paralleli di materiale ben visibile lungo pareti di roccia esposta, presenti su fianchi scoscesi e cavità della frastagliata superficie del corpo celeste. Poi, grazie ad un modello tridimensionale elaborato al computer e realizzato all’Osservatorio Astronomico di Padova dell’INAF, è stato possibile determinare le inclinazioni che mostrano questi strati e capire come si estendono anche nel sottosuolo.

67/P
ESA/Rosetta

«Emerge chiaramente dalle immagini che entrambi i lobi possiedono un involucro esterno di materiale organizzato in strati distinti, e riteniamo che questa struttura si estenda per diverse centinaia di metri sotto la superficie della cometa» spiega Massironi nel corso della conferenza stampa svoltasi durante il Congresso Europeo di Scienze Planetarie (EPSC) a Nantes, in Francia. «Si può immaginare questa stratificazione un pò come la struttura di una cipolla, ma in questo caso stiamo considerando due cipolle separate di dimensioni diverse che sono cresciute in modo indipendente prima di fondersi insieme».

Le analisi hanno mostrato come questi strati erano coerentemente orientati intorno entrambi i lobi della cometa e in alcune regioni questa configurazione la si può riscontrare fino a 650 metri di profondità. «Questo è stato il primo indizio che i due lobi sono indipendenti, rafforzato dalla constatazione che gli strati di roccia sono inclinati in direzioni opposte in prossimità del collo della cometa» dice Massironi. «Per ulteriore conferma, abbiamo anche esaminato la relazione tra la forza di gravità locale e gli orientamenti dei singoli strati attorno alla superficie della cometa ricostruita al calcolatore».

67/P
ESA/Rosetta

Solitamente questo genere di strati forma un angolo retto rispetto alla direzione della forza di gravità che agisce su un oggetto posto sopra di essi. I ricercatori hanno utilizzato differenti metodi per calcolare l’intensità e la direzione della forza di gravità in corrispondenza di ogni strato. In un caso, hanno modellato la cometa come un corpo unico con un centro di massa vicino al collo. Nell’altro, hanno realizzato una simulazione considerando due componenti separate, ognuna con un proprio centro di massa. In entrambi i casi, il team ha trovato che l’orientamento di un determinato livello e la direzione locale della forza di gravità formano angoli più prossimi a quelli retti nel modello con due oggetti separati, piuttosto che in quello con un unico nucleo combinato. «Ciò indica che gli strati di cui sono composti la ‘testa’ e il ‘corpo’ della cometa si sono formati autonomamente, prima che i due oggetti si fondessero più tardi» conclude Massironi. «L’urto che ha generato 67P deve inoltre essere avvenuto con una velocità bassa, così da preservare la stratificazione ordinata fin nelle zone più interne del nucleo che i nostri dati ci indicano».

Le indagini hanno comunque evidenziato profonde somiglianze strutturali tra i due lobi che compongono il nucleo della Churyumov-Gerasimenko. Dunque, nonostante le loro origini differenti, i due corpi devono essersi formati attraverso processi di accrescimento simili, in analogia con quello che si ritiene sia avvenuto per la formazione di altre comete nel Sistema solare. «Il nostro studio ha una notevole importanza dal punto scientifico sull’origine della cometa 67P e, molto probabilmente, in generale sull’origine delle comete, ma rappresenta anche un piccolo successo del nostro gruppo all’Osservatorio Astronomico di Padova dell’INAF» sottolinea Gabriele Cremonese. «Infatti la splendida intuizione di Matteo Massironi, grazie alla sua esperienza come geologo, è stata supportata e coadiuvata da alcuni modelli messi a punto nel nostro gruppo (Modeling and Analysis of Planetary Surfaces). A mio avviso è una bellissima dimostrazione di quanto in questi ambiti sia importante un gruppo di ricerca interdisciplinare: i primi quattro autori dell’articolo sono un geologo, un ingegnere in telecomunicazioni, un fisico e un astronomo!».