La microsonda ha svelato il contenuto delle “tasche” di vetro che si trovano all’interno di queste rocce scoprendo così la quantità di acqua al loro interno. Gli scienziati si sono serviti del rapporto idrogeno/deuterio dell’acqua, il quale ha di fatto fornito preziosi indizi sulla sua origine. L’idrogeno infatti possiede un numero di massa atomica pari ad uno al contrario del deuterio, un isotopo dell’idrogeno noto anche come “acqua pesante”, che ha un numero di massa atomica pari a due. L’acqua presente in diversi corpi celesti di origine planetaria ha rapporti idrogeno/deuterio ben distinti.
“Le rocce dell’isola di Baffin sono state raccolte nel 1985 e gli scienziati hanno avuto molto tempo per analizzarle nel corso degli anni”, spiega Lydia J. Hallis. La ricerca ha messo in luce che le rocce contengono una componente della parte profonda del mantello terrestre e, durante il loro spostamento verso la superficie, non vengono mai influenzate dai processi di sedimentazione causati dalle rocce della crosta terrestre restando “intatte” sin dall’epoca della formazione del pianeta. Si tratta delle rocce più antiche che siano mai state trovate sulla superficie della Terra e perciò l’acqua che esse contengono fornisce un indizio di inestimabile valore scientifico che fa chiarezza sull’origine dell’acqua.
“Abbiamo scoperto che l’acqua contiene pochissimo deuterio” – dice Lydia Hallis, “una chiara evidenza che scarta l’ipotesi secondo cui essa venne trasportata dallo spazio sulla Terra”. A quanto pare le molecole di acqua furono già presenti nella polvere che costituiva il disco protoplanetario che circondava il Sole, prima ancora che si formassero i pianeti. Questa polvere ricca di acqua nel tempo si aggregò lentamente per formare il nostro pianeta anche se buona parte di essa sarebbe stata persa per l’evaporazione a causa del calore generato dal processo di formazione della Terra. Ne rimase una quantità sufficiente per dar vita al “mondo d’acqua” in cui viviamo.
“Si tratta di una scoperta straordinaria”, dice Hallis, “una di quelle che non si poteva nemmeno immaginare qualche anno fa perchè non avevamo una tecnologia adeguata. Non vediamo l’ora di proseguire in questo affascinante campo della ricerca”.