Intervista ad Amalia Ercoli Finzi, la “mamma” di Rosetta
Amalia Ercoli Finzi è una delle massime esperte internazionali in ingegneria aerospaziale. È la Principal Investigator dello strumento SD2 e del Power Solar System di Philae.
Amalia Ercoli-Finzi è una delle massime esperte internazionali in ingegneria aerospaziale, consulente scientifico della NASA, dell’ASI e dell’ESA, è Principal Investigator responsabile dello strumento SD2 sulla sonda spaziale Rosetta. È stata la prima donna in Italia a laurearsi, presso il Politecnico di Milano, in Ingegneria Aeronautica con votazione 110 e lode.
Le prime righe di Wikipedia su Amalia Ercoli-Finzi dicono già tutto. Tra le missioni spaziali più importanti a cui ha preso parte ci sono: il programma TSS (Tether Satellite System, di ASI e NASA), il programma SAX (dell’ASI per l’astronomia a raggi X), l’esperimento MITE (per la misura di tensioni interfacciali), il programma SPIDER (dell’ASI per lo sviluppo di un free-flyer robotico), l’esperimento SD2 (lo strumento-trivella del lander Philae di cui è responsabile scientifico) e responsabile infine del Power Solar System di Philae.
Membro del consiglio tecnico-scientifico dell’ASI e dell’Exploration Program Advisory Committee dell’ESA per l’esplorazione di Marte e del Lunar Lander Science Definition Team dell’ESA. Consigliere dell’Associazione Italiana di Aeronautica e Astronautica e membro di numerose associazioni scientifiche nazionali e internazionali tra cui l’American Astronautical Society, la British Interplanetary Society e l’Internatiomal Academy of Astronautics. Presidente del Comitato per le Pari Opportunità del Politecnico di Milano e delegato rettorale per le politiche di genere e membro dell’Associazione Italiana Donne Ingegnere e Architetto, di cui è stata presidentessa nazionale.
Rosetta nello spazio (Rappresentazione artistica)
Le abbiamo rivolto alcune domande in merito alla missione, l’esplorazione della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko e il ruolo dell’Italia nella ricerca spaziale e ci ha gentilmente risposto.
Rosetta è una delle missioni spaziali più seguite degli ultimi tempi. Una missione senza precedenti che ha appassionato scienziati, amatori ma anche buona parte della popolazione. Da quanto tempo lavora a questa missione e di cosa si occupa?
Lavoro su questa missione da oltre quindici anni – Sono il PI di SD2, lo strumento imbarcato sul lander destinato a perforare il suolo cometario, raccoglierne dei campioni e “offrirli” agli strumenti per la loro analisi. Sono anche responsabile del Power Solar System di Philae.
Il contributo italiano è stato rilevante: sappiamo che molti degli strumenti presenti a bordo sono made in Italy. Come sta crescendo il settore aerospaziale nel nostro paese?
Il settore spaziale italiano gode dell’apprezzamento europeo e internazionale ed è stato chiamato a partecipare alle grandi realizzazioni spaziali tra cui, tanto per citarne alcune, la Stazione Spaziale internazionale, Mars Express, Cassini, Planck, ecc.
In origine il target di Rosetta era un altro, ma il lanciatore europeo non era ancora pronto facendo si che il nuovo obiettivo diventasse 67P/Churyumov-Gerasimenko. Quanto è difficile atterrare su un corpo celeste come una cometa?
Terribilmente, vuoi per le dimensioni della cometa (un granello di sabbia), vuoi per l’ambiente sconosciuto in cui si deve effettuare l’atterraggio.
Stiamo facendo tutti il tifo per Philae il lander che, dopo l’epica impresa, ha smesso di comunicare con noi. Cos’è successo esattamente? Riusciremo a ristabilire il contatto?
Non avendo funzionato le ancore Philae non è bloccato a terra e quindi non sappiamo dove sia e in quali condizioni. La possibilità di ristabilire il contatto, cosa che era già avvenuta a Giugno, esiste e si sta facendo l’impossibile in tal senso.
Di recente è stato accertato che 67/P è nata dal “bacio” fra due comete. Può dirci qualcosa in più sulla sua natura geologica?
67/P nasce dall’urto a bassa velocità di due nuclei cometari diversi, organizzati in strati distinti che si estendono per centinaia di metri sotto la superficie. I loro processi di accrescimento però devono essere stati molto simili, come evidenziato dalle loro somiglianze strutturali.
Era previsto che un campione tornasse sulla a Terra per essere esaminato in maniera approfondita. Cosa ostacola questo obiettivo?
Questo era stato messo in conto agli albori del progetto della missione e immediatamente abbandonato per la complessità che comportava. Non è detto che in futuro…
Rosetta ci ha fatto capire che i lunghi viaggi spaziali su mete lontane non sono impossibili. Cosa dobbiamo aspettarci dalla scienza dopo una missione come questa?
Con le missioni spaziali noi pensiamo di aprire una finestra su un mondo nuovo: in realtà spalanchiamo una porta attraverso la quale ci si presentano tanti nuovi interrogativi. Stiamo cercando di capire qualcosa su quella parte del Sistema Solare più vicina a noi (la Luna, Marte, Mercurio, gli asteroidi…), ma c’è tutto il resto e poi il “di fuori”, ai confini dell’eliosfera, andando sempre più lontano nello spazio e nel tempo. È il fascino della conoscenza, un viaggio destinato a non avere mai fine.