Diverse testate, comprese le più affidabili e prestigiose, sono cadute nel tranello o forse non hanno saputo resistere alla tentazione di fare click facili. Mi spiace deludervi, ma non è così. Non c’è nessuna stampante 4D e quello che vi hanno servito, su un vassoio di plastica da fast food, non è altro che una bufala. Si tratta di materiali speciali realizzati con normali stampanti 3D, più noti come “materiali a memoria di forma“: conosciuti con la sigla inglese Shape Memory Alloys, sono leghe metalliche le quali “memorizzano” la loro forma a freddo riacquisendola una volta surriscaldate. Questa caratteristica combinata all’effetto superelastico, ne ha diffuso l’uso in ambito industriale.
Non è una novità: la prima documentazione del fenomeno risale al 1932, quando Chang e Read, analizzando una lega di oro e cadmio, notarono che il materiale era facilmente deformabile fino ad una certa temperatura ed oltre quel limite subiva invece una modifica della struttura cristallina, con conseguente riacquisizione della forma originaria. Nel 1963 lo scienziato William J. Buehler osservò la stessa caratteristica nella lega nichel-titanio (ribattezzata in seguito Nitinol).
In cosa consiste l’innovazione allora? Forse nell’impiego di questi materiali. – direte voi. Spiacente deludervi ma anche in questo caso, non è una novità: se la scoperta di questi materiali è alquanto vecchiotta, l’ipotesi di impiego risale al lontanissimo 1788 quando il matematico e astronomo Joseph-Lousie Lagrange, nel suo “Mécanique analytique”, spiegava come la meccanica potesse essere vista come operante in quattro dimensioni, tre spaziali ed una temporale. Il concetto della quarta dimensione riguarda proprio questo: gli oggetti, una volta terminata la produzione, necessitano del fattore tempo che gli permette di modificarsi ancora in modo quasi del tutto autonomo, poiché la temperatura è una variabile necessaria al processo. Le applicazioni di questa tecnologia sono più numerose di quelle della stampa 3D: per fare un esempio potrebbero essere costruite tubature in grado di espandersi o restringersi in base al volume d’acqua che le attraversa.
Questo è quanto scritto dai “giornalisti” che urlano al mito di una innovazione inesistente del cui nome se ne fa un uso del tutto improprio, la stampate 4D: “Un team di ricercatori della Zhejiang University, in Cina, ha appena messo a punto un materiale capace di ripiegarsi in modo autonomo e assumere configurazioni differenti a seconda dell’ambiente in cui è immerso, in particolare in base alla temperatura. La cosa sorprendente è che lo fa “ricordandosi” come deve comportarsi nelle varie circostanze, come se fosse dotato di memoria, un processo che gli scienziati hanno già soprannominato stampa 4D. Troverà molto probabilmente applicazione nel campo dell’elettronica, ma si sta investigando anche sulle sue potenzialità in medicina e chirurgia.”
Cari “giornalisti”, un pò di storia non vi farà male.