La sindrome del complotto
Ogni teoria del complotto che si rispetti deve celare una trama degna di Steven Spielberg dietro la versione ufficiale. Sembra essere questo il principio universale in cui tutte le forme di complottismo fondano la loro esistenza.
Ogni teoria del complotto che si rispetti deve celare una trama degna di Steven Spielberg dietro la versione ufficiale.
Non ha importanza l’evento: che si tratti di una crisi economica, della caduta di un governo, di un conflitto militare, di un atto di terrorismo o di una missione spaziale, le cause, le conseguenze, i responsabili e i testimoni sono tutt’altro rispetto a quelli indicati e provati dai media. Anche se potrebbe essere inutile, vogliamo specificare che lo scopo di questo articolo non è offendere o screditare coloro che hanno “opinioni” diverse sulla realtà, bensì definire e dare una visione chiara ai lettori di quello che è un fenomeno sociale alimentato e sempre più diffuso, negli ultimi anni, dal Web.
Partiamo dal principio. All’interno del volume “Congiure e complotti. Da Machiavelli a Beppe Grillo”, una raccolta di saggi curata da Alessandro Campi e Leonardo Varasano, si può trovare “Lo stile paranoico nella politica americana“, un piccolo classico in materia per la prima volta tradotto in italiano. Richard Hofstadter illustra come, dalla fine del Settecento in poi, non vi è stato periodo in cui non si sia diffusa l’idea di un complotto intenzionato a corrompere i costumi della società americana per controllare il governo degli Stati Uniti. Durante questo arco di tempo la struttura della cospirazione restava pressoché invariata ma a cambiare erano di volta in volta erano gli artefici: la setta bavarese degli illuminati, poi i massoni, i cattolici, i comunisti. Dagli anni Sessanta del novecento con l’assassinio del presidente Kennedy è stata fornita l’occasione per partorire e divulgare le più varie teorie del complotto: da questo momento in poi inizia una reazione a catena destinata a non avere fine. Che dire del nostro secolo? L’11 settembre ha enormemente alimentato la sindrome cospirazionista: parlando in cifre, sono oltre 1.300 i libri dedicati alla (presunta) cospirazione delle torri gemelle. Molti sostengono che l’attentato sarebbe stato organizzato dalla Cia o dagli israeliani, i più fantasiosi invece sostengono che i servizi segreti americani e israeliani abbiano collaborato. Dunque la teoria del complotto è promossa da almeno un paio di secoli: in fin dai conti chi sa come sono andate davvero le cose in termini di avvenimenti storici? Nessuno può escludere che un giorno si possa scoprire che un avvenimento importante sia stato nascosto o falsificato da un governo all’intera popolazione ma finché non esistono prove è inammissibile passare per certe delle supposizioni che lanciano dei sospetti così gravi. Non fanno eccezione le bufale sui fenomeni scientifici: dalle scie chimiche ai vaccini. Si sa una bugia ripetuta all’infinito rischia di apparire verità. Un valido esempio sono gli articoli sulle tante teorie del complotto che sbarcano sulla carta stampata, in TV ma anche nei banchi di un parlamento.
Perchè si manifesta questo fenomeno? Perchè va messo tutto in discussione? Ebbene, ad alimentare il complottismo è la mancanza di fiducia, detta scetticismo, nei confronti dei media, dei governi e delle autorità e in genere di qualunque fonte riconosciuta dal “mainstream”, scienza compresa. Lo scettico, partendo da queste premesse, va poco lontano e gli studi dimostrano che di solito chi crede ad un complotto è predisposto ad accoglierne anche altri. La sfiducia nelle autorità delle fonti culmina con un violento rigetto della verità in favore di storie costruite su misura per soddisfare e gratificare chi crede di saperla lunga. Dunque in che modo il complottista si relaziona con il pubblico? Una caratteristica del complottismo è la moltiplicazione dei dubbi. Quando il complottista si pone dei dubbi, qualcuno li risolve ma il discorso non finisce lì: un dubbio ne fa nascere due che diventano quattro “in fila per tre col resto di due” toccando molteplici argomenti anche sconnessi con quello che era la questione alla base di tutto. Se l’interlocutore avrà avuto abbastanza pazienza e capacità per smontare questi dubbi ecco che ne appaiono altri otto, poi dieci, infine venti. Un continuo spostamento di paletti perché il complottista è come il bambino viziato che gioca in cortile: quando sta per perdere cambia le regole. Nessuna risposta gli andrà bene in quanto lui non cerca risposte, le ha già.
Perchè un complottista dunque è disposto a dialogare e controbattere per ore con l’interlocutore che cerca di fare chiarezza su una verità? Non si tratta propriamente di ignoranza ma di un principio di coerenza: i complottisti respingono ogni dimostrazione della falsità delle credenze complottiste perchè da loro considerate come parte di una ulteriore cospirazione volta a nascondere “la verità”. Un tipico meccanismo di difesa della visione paranoica: quando emerge un fatto che mette a repentaglio l’integrità della versione, invece di porsi il dubbio di essersi sbagliati, si inventa un’ulteriore cospirazione che isoli e neutralizzi il fatto pericoloso. In questo modo la cospirazione e il numero degli organizzatori e persecutori aumenta sempre più a dismisura. I complottisti osservano e scovano (a loro parere) contraddizioni ovunque nella tesi “avversaria”, ma non si accorgono delle contraddizioni e delle assurdità delle proprie tesi: sintomi tipici della paranoia delirante.
Veniamo ad una domanda che tutti si sono posti almeno una volta nella vita: perché ci sono anche persone che spacciano fatti falsi per reali senza guadagnarci un euro? Non è propriamente così. Il complottismo paga e permette di guadagnare su libri, gadget, banner e DVD. Inoltre appaga, perché crea seguaci e si diventa guru. Diventa chiaro perché questo tipo di bufale persistono: sono un business. Un valido esempio sono tutti quei finti filmati di sirene ritrovate sulle spiagge di tutto il mondo: va avanti da anni. Lì dove non c’è interesse economico però, non c’è consapevolezza di finzione: il prestigio e il potere che si ottiene convincendo gli altri di certe bugie mirate è forse ancora maggiore di quello che si può avere col denaro. Si crede di agire nel giusto e di essere i nuovi paladini della giustizia.
Anche se educare gli apostoli della teoria del complotto può sembrare del tutto inutile, in quanto come detto prima sono soliti pensare che gli altri “facciano parte del sistema”, una valida arma resta sempre il dialogo con prove evidenti, testimoni numerosi e riscontro dei fatti. Badate bene però che se un complottista ha una convinzione riguardante la salute non sarà certo un medico a tranquillizzarlo perché potrebbe essere parte del complotto. Se un individuo è convinto che i terremoti siano di origine “artificiale”, non basta un geologo a spiegargli quelli che sono i meccanismi dei terremoti: non accettano spiegazioni da gente competente in materia in quanto questi farebbero parte del complotto. Il catastrofista basa le sue parole su un termine decontestualizzato, su una traduzione sbagliata, su un video inguardabile per costruire il suo castello di sabbia destinato ad essere cancellato inesorabilmente alla prima mareggiata.