Riceviamo e pubblichiamo la richiesta di rettifica della signora Marisa Gentile

Riceviamo e pubblichiamo una rettifica, dopo richiesta della signora Marisa Gentile ai sensi dell’art. 8 Legge 47/1948, in seguito alla pubblicazione dell’articolo “Scie chimiche: le origini del mito”, pubblicato in data 02/05/2016.

L’articolo “Scie chimiche: le origini del mito”, nel riportare un riferimento circa il caso di Davide Cervia, ha indicato alcune inesattezze dovute a fonti non confermate: “Il fenomeno non si è evoluto particolarmente dagli anni 40 in poi perché, come detto, le uniche prove erano semplicemente le foto militari o amatoriali, ma in Italia le scie chimiche sono legate ad una storia inquietante e vale a dire la scomparsa di Davide Cervia, un militare esperto di guerra elettronica, uno dei pionieri che elaborarono l’RFMP, un sistema per scansionare tridimensionalmente il territorio a fini bellici, previa dispersione di sali di bario nell’atmosfera. L’ultima volta che viene visto Davide veniva caricato con la forza, da un gruppo di persone, in un’auto color verde scuro. Erano le ore 17.00 del 12 settembre 1990. Da quel momento hanno inizio le teorie complottistiche in Italia e gli inquirenti non escludono che il suo rapimento sia opera di sostenitori della teoria del complotto.”

La redazione pertanto pubblica la documentazione fornita dalla signora Gentile, in data 02/05/2016, consistente in tre immagini scansionate di un articolo di Riccardo Bocca, pubblicato sul settimanale l’Espresso del 13 dicembre 2012, alle pagine 71 – 72 e 74.
La pagina assente, vale a dire la 73, come chiarito dalla signora Gentile, consiste in una pagina pubblicitaria.

“Aveva 31 anni quando l’hanno sequestrato”, ricorda lei, “era il 12 settembre 1990”. E non è solo una sua convinzione, che sia stato un rapimento. Lo ha scritto nero su bianco la Procura generale presso la Corte d’appello di Roma il 3 novembre 1999, escludendo la “scomparsa volontaria”. Lo sconcerto cresce alla svelta quando Davide svanisce nel nulla, “In quel momento”, spiega la moglie, “lavorava come tecnico elettronico presso la ditta Enertecnel Sud di Cecchina, nell’area industriale di Albano Laziale”. Ma non è questo che conta. Importa piuttosto che Cervia si sia arruolato in Marina nel 1978, e si sia congedato nell’84 con i gradi da sergente. “Sei anni durante i quali mio marito ha maturato una specializzazione “Ge” in guerra elettronica, ottenendo anche i brevetti Ecm (contromisure elettroniche con disturbi emissioni radio altrui), Esm (ricerca segnali di comunicazione radar) ed Eccm (disattivazione del disturbo nemico)”. Quanto basta perché la Nato, vista la delicatezza delle sue conoscenze militari, imponga il protocollo di sicurezza “Nos” con cui lo vincola al silenzio totale. Eppure questi dettagli non vengono scandagliati a dovere dalla Procura di Velletri. Lo stesso procuratore capo, in seguito, ammetterà la “sostanziale inerzia dovuta a carenza d’organico”. Il che diventa un “misto di amarezza, rabbia e paura” che travolge la moglie di Cervia. La quale, per rendere ancora meglio l’idea, ricostruisce l’odissea affrontata per dimostrare che il marito non era un tecnico generico, come sostenuto all’inizio dalla Marina Italiana, ma un eccellente professionista, “potenziale oggetto d’interesse per nazioni straniere in cerca di esperti”. La Marina militare fornisce ben cinque versioni del foglio matricolare di Cervia, “partendo da quello in cui mio marito risultava senza brevetti e specializzazioni fino all’ultimo dove appare il suo vero curriculum”. Ci sono ben due testimoni che nel 1990 assistono al sequestro: “Il primo, Mario Cavagnero, era un vicino di casa che si è sentito per tre volte chiamare con tono concitato da Davide mentre lo rapivano”. Il secondo, invece, “è l’autista di un pullman che alla stessa ora (17,30 circa) ha incrociato due auto che uscivano con manovre sospette dal nostro viale”. Conferme importanti eppure a lungo sottovalutate dagli investigatori. Mentre prende quota, in parallelo, la versione di un terzo testimone: tal Giuseppe Carbone, presunto conoscente di Cervia, che lancia la pista dell’allontanamento volontario del tecnico (dovuto a problemi coniugali e al desiderio di trovare lavoro all’estero), salvo poi ammettere davanti ai magistrati di non avere “mai conosciuto Davide Cervia”. Anzi: “Tutte le circostanze e i nomi da me riferiti in ordine alla vicenda in questione, sono falsi ed esclusivo frutto della mia immaginazione”. Tanti sono i fantasmi che si muovono dietro le quinte. Basti pensare a quello che scrive il Sismi in un documento riservato, dove considera l’ipotesi del “sequestro di persona operato da non meglio identificate organizzazioni straniere”, specificando che “ricorrono i nomi di Libia, Iran, Iraq e Israele” e concludendo che non è da escludere “la complicità di organismi italiani”. Il problema, commenta Marisa Gentile, è che ogni qual volta spunta un indizio, si attiva un meccanismo opposto per ricreare il silenzio”. Tipico esempio, il capitolo Air France. Il 6 gennaio 1991, racconta un dipendente della compagnia al giornalista Gianluca Cicinelli, avrebbe volato su un volo partito da Parigi (con destinazione mai appurata con esattezza: forse il Cairo, forse Sana’a) un passeggero che di cognome faceva Cervia. E ad acquistare il biglietto, a quanto pare, sarebbe stato il mistero degli Affari pubblici francese. “Notizia clamorosa”, dice la signora Marisa, Senonché durante le verifiche, “il passeggero si è miracolosamente trasformato in una passeggera”. E ancora, si arriva a sostenere che non si trattasse di una mademoiselle, ma di un militare di origine corsa”. Il quale resta a tutt’oggi un nome senza volto, “non comparendo nei registri di nessun esercito”.

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Redazione