Nella prima parte di questo viaggio all’interno delle curiosità dal mondo della scienza abbiamo parlato dell’induzione elettromagnetica, spiegando che cosa è questo fenomeno e descrivendo alcune sue importanti applicazioni. (Hey, ti va un po’ di induzione elettromagnetica io e te? Prima parte) In questa seconda parte parliamo del metal detector, del contagiri di un’automobile e della risonanza magnetica!
Come funziona un metal detector?
Sul fondo limoso del mare al largo della Florida, un sommozzatore muove un metal detector per cercare un tesoro di monete d’oro disperso da un relitto spagnolo del diciassettesimo secolo. Come fa tale dispositivo a rilevare la presenza del metallo prezioso? Tesoro che potrebbe essere affondato nel limo anche di un bel pò di centimetri?
La risposta risiede proprio nelle correnti parassite (eddy currents in inglese), che abbiamo descritto nella prima parte. Ecco una spiegazione semplice e semplificata del funzionamento di un metal detector di base. Una corrente variabile sinusoidalmente viene applicata ad una bobina che, pertanto, induce un campo magnetico variabile nel tempo. Tale campo induce nella moneta correnti parassite. Correnti che, a loro volta, generano un campo magnetico variabile nel tempo che induce nella bobina una corrente circolante in verso opposto. Tale corrente indica la presenza del metallo!
Come funziona il contagiri di un’automobile?
Anche il funzionamento del contagiri di un’automobile sfrutta il fenomeno dell’induzione elettromagnetica. In tal caso, un magnete è fissato all’albero motore ed una spira è collegata ad un microprocessore, come in figura. La rotazione dell’albero motore su se stesso fa sì che il magnete oscilli avvicinandosi e allontanandosi dalla spira. In tal modo dà origine ad un campo magnetico variabile nel tempo che induce nella spira una corrente. Questo segnale elettrico viene trasmesso al microprocessore che conta così i giri effettuati dal motore in un certo intervallo di tempo.
Come funziona la risonanza magnetica?
D’altra parte, qualche volta, l’induzione elettromagnetica può causare problemi. Un paziente sottoposto ad un esame di risonanza magnetica nucleare (RMN), giace in un apparecchio in cui sono presenti un intenso campo magnetico statico ed un debole campo magnetico B(t) che varia sinusoidalmente nel tempo. Perché l’esame sia efficace è necessario che il paziente resti immobile per un lungo intervallo di tempo. Per questo, coloro che sono irrequieti e non sono in grado di autocontrollarsi, come i bambini, vengono sedati. Dal momento che i sedativi possono risultare pericolosi (avendo, comunque, delle controindicazioni), tali pazienti sono tenuti sotto controllo con un pulsossimetro, un dispositivo che misura il livello di ossigeno nel sangue e che è costituito da un sensore applicato a un dito del paziente e da un cavo di collegamento tra il sensore e il rilevatore, posto fuori dall’apparecchio. Supponiamo che il personale addetto all’esame sia distratto facendo sì che il cavo di trasmissione tocchi il braccio del paziente: il cavo e l’avambraccio formano in questo modo un circuito, una spira attraverso cui il campo magnetico variabile B(t) induce una forza elettromotrice e, quindi, una corrente elettrica. Per quanto l’intensità del campo B(t) sia modesta, la sua elevata frequenza di oscillazione origina una rapida variazione di flusso e, quindi, l’intensità della corrente che scorre nel “circuito” venutosi a formare tra cavo e avambraccio è tale da provocare ustioni al dito e al contatto del cavo sul braccio.
Si conclude così questo viaggio attraverso le applicazioni dell’induzione elettromagnetica, una delle scoperte più importanti della fisica moderna; ma sono ancora tante le curiosità dal mondo della scienza, che troverete solo sulla rubrica Pillole di Scienza!