Pembrolizumab, così l’UE combatte i tumori
La Commissione Europea ha autorizzato la commercializzazione di Pembrolizumab in tutti i 28 Paesi membri dell’Unione. La molecola Msd è stata testata in oltre 270 studi clinici su 30 tipi di cancro: il 55% dei pazienti con melanoma non operabile in fase avanzata, trattati con pembrolizumab, sono ancora vivi a due anni dall’inizio del trattamento. Nel 40% dei casi la sopravvivenza è salita addirittura a tre anni dall’inizio della terapia
Ottime notizie per i pazienti affetti dal tumore al polmone: la Commissione Europea ha autorizzato la commercializzazione di pembrolizumab in tutti i 28 Paesi membri dell’Unione: la molecola Msd, che prende il nome dall’omonima azienda americana, è stata testata in oltre 270 studi clinici su 30 tipi di cancro e già disponibile per il trattamento del melanoma, verrà somministrata con un dosaggio di 2 mg/kg ogni tre settimane per pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule localmente avanzato o metastatico i cui tumori esprimono PD-L1 e che hanno ricevuto almeno un precedente regime chemioterapico.
Il pembrolizumab, (nella foto in alto) è tra i farmaci protagonisti del rivoluzionario capitolo dell’immunoncologia: è stato sperimentato nel trattamento di oltre 30 tipi di tumore, da quello del polmone a quello della vescica, in un programma di ricerche che comprende oltre 270 studi clinici. Durante il Congresso dell’American Society of Clinical Oncology (Asco) di Chicago sono stati presentati più di 80 lavori relativi alle sperimentazioni condotte in tutto il mondo con questo farmaco.
I risultati della ricerca dimostrano che il pembrolizumab garantisce una sopravvivenza superiore a lungo termine rispetto ai farmaci precedenti: lo studio Keynote 6 ha dimostrato che il 55% dei pazienti con melanoma non operabile in fase avanzata, trattati con pembrolizumab, è ancora vivo a 2 anni dall’inizio del trattamento, rispetto al 43% di quelli trattati con ipilimimumab (vecchio farmaco), è del 40% invece la percentuale dei pazienti la cui sopravvivenza è salita a 3 anni dall’inizio del trattamento. “Anche nel lungo termine, dal confronto testa a testa con ipilimumab – afferma Roger Dansey, vice-direttore della Msd – il pembrolizumab dimostra la sua superiorità e conferma la durevolezza della sua azione. Questi risultati supportano ulteriormente l’idea di utilizzare il pembrolizumab come terapia di prima linea in questi pazienti e ci ricordano qual è il vero obiettivo che vogliamo raggiungere attraverso il nostro programma di sviluppo in immunoncologia: prolungare la sopravvivenza delle persone affette da tumore”.
Pochi giorni fa la Commissione Europea ha approvato pembrolizumab – con un dosaggio di 2 mg/kg ogni tre settimane – per pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule localmente avanzato o metastatico i cui tumori esprimono PD-L1 e che hanno ricevuto almeno un precedente regime chemioterapico. I pazienti con mutazioni tumorali Egfr o Alk dovrebbero aver ricevuto anche la terapia approvata per queste mutazioni, prima di ricevere pembrolizumab. L’approvazione da parte delle autorità UE consente la commercializzazione di pembrolizumab in tutti i 28 Paesi membri dell’Unione Europea: “Questa approvazione segna un progresso significativo per i medici di tutta Europa e per i loro pazienti con carcinoma polmonare avanzato, uno dei tumori più diffusi e difficili da trattare – dichiara ancora Dansey – I risultati a supporto di questa approvazione dimostrano le potenzialità di pembrolizumab nel trattamento del carcinoma avanzato non a piccole cellule e l’importanza della selezione dei pazienti adatti per il trattamento. Non vediamo l’ora di portare il più rapidamente possibile questa immunoterapia ai pazienti europei”. La decisione dell’UE trova fondamenta negli esiti dello studio Keynote-010, che ha dimostrato che pembrolizumab migliora significativamente la sopravvivenza globale dei pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule localmente avanzato o metastatico rispetto alla chemioterapia standard (docetaxel).
Il futuro del farmaco sarà incentrato nella lotta contro i “tumori difficili”, quali quelli testa-collo: gli studi in merito, Keynote-055 e Keynote-012, condotti su pazienti affetti da tumori testa-collo (carcinoma squamocellulare) recidivi o metastatici, già sottoposti a pesanti trattamenti, dimostrano che 1 paziente su 5 risponde al pembrolizumab, in alcuni casi per più di 30 mesi: un risultato notevole dal momento che la sopravvivenza media di questi pazienti non supera in genere i 3 mesi. Lo studio Keynote-087 ha esplorato le possibilità terapeutiche del pembrolizumab nel linfoma di Hodgkin recidivato dopo un trapianto di cellule staminali o progredito dopo un trattamento con brentuximab: pazienti con una prognosi non favorevole e con un’aspettativa di vita media di 1,2 anni. I pazienti trattati con pembrolizumab rispondono al trattamento in maniera durevole nel 70-80% dei casi e in quasi 1 caso su tre si assiste ad una risposta completa.
L’azienda americana inoltre, con un investimento di 200 milioni di dollari, si impegna a sviluppare una nuova generazione di vaccini anti-tumore personalizzati basati sull’Rna: i vaccini “su misura” saranno sperimentati su diversi tipi di tumore, saranno prodotti a partire da neoantigeni specifici comparsi nel tumore di un paziente: la somministrazione di questi vaccini personalizzati dovrebbe indurre una risposta immunitaria in grado di riconoscere ed attaccare le cellule tumorali e che verrebbe affiancata e potenziata dal pembrolizumab. Grazie ad una tecnologia innovativa, questi vaccini su misura potranno essere disponibili per il paziente nell’arco di poche settimane e saranno prodotti in uno stabilimento nei dintorni di Boston.
Ma il pembrolizumab si sta dimostrando il Sacro Graal della lotta ai tumori: dunque dobbiamo aspettarci cure e terapie più efficienti e complete nei prossimi anni.