Cos’è la geologia?
Spesso è definita come “la branca delle scienze della Terra che studia la Terra e i processi che la plasmano e la cambiano. Nei tempi moderni la geologia è importante per la valutazione delle risorse idriche, per la previsione e la comprensione dei pericoli naturali, per l’individuazione ed il risanamento dei problemi ambientali, per la pianificazione territoriale e la realizzazione di opere pubbliche e private, per il rilevamento di risorse naturali ad esempio minerali ed idrocarburi (in primis petrolio e metano), per l’estrazione di molti materiali d’uso commerciale e industriale, per lo studio sui mutamenti del clima e dell’ambiente”.
Dunque cosa fa un geologo?
Sono scienziati che studiano la struttura e i processi che dominano la Terra. Le competenze del geologo professionista spaziano dall’idrogeologia alla geotecnica, comprendendo la geologia applicata, il rilevamento geologico e il rilevamento geologico tecnico. Competenze specialistiche possono essere acquisite, in funzione del piano di studi prescelto, in tutte le discipline afferenti alla geologia. Tra le loro competenze spetta:
C’è voluto quasi tutto l’alfabeto della lingua italiana per indicare le mansioni di un geologo eppure, nel paese in cui il rischio sismico è decisamente alto, la geologia rischia di estinguersi. Le sedi di Scienze della Terra sono passate da 29 (nel 2010) a 8 (nel 2016), per effetto della riforma Gelmini che, dal 2010, ha imposto il taglio di tutti i dipartimenti che non raggiungano i 40 docenti: nel caso di Scienze della Terra tutti.
In alcune regioni, come l’Emilia Romagna, non c’è più neanche un dipartimento. La storica sede di Bologna, prima in Italia ad occuparsi della formazione dei geologi, è stata tagliata. Le 8 sedi rimaste sono: Napoli, Roma, Bari, Pisa, Firenze, Torino, Milano e Padova. Ora, mentre le altre sono state accorpate ad altre aree, in cerca di un tornaconto numerico piuttosto che di un progetto formativo, rischiano anche Pisa e Firenze: a compromettere queste sedi è il numero dei docenti, il 10% negli ultimi 10 anni: 100 docenti, contrariamente al numero delle immatricolazioni che, dopo il minimo storico del 2008, ha iniziato a crescere. Questo dato significativo potrebbe portare al blocco del turn over, vale a dire alla chiusura di un dipartimento per il numero di docenti non sufficiente. Un assurdo paradosso tricolore se pensiamo che nel resto d’Europa e del mondo, la media dello staff docente dei dipartimenti varia dai 20 ai 30 docenti.
Vale la pena riportare il commento di Rodolfo Carosi, professore ordinario all’Università di Torino e rappresentante dei professori di geologia nel Consiglio universitario nazionale, pubblicato su Ilfattoquotidiano.it, il 28 agosto 2016:
“Se da un lato la numerosità minima imposta dalla legge non comporta, e non sembra aver comportato a sei anni dalla sua applicazione, nessun reale risparmio per la spesa pubblica, dall’altro la nuova norma sta portando alla scomparsa di dipartimenti universitari storici con una eccellente attività didattica e di ricerca, oltre che inevitabilmente alla perdita dell’identità culturale delle geoscienze” – sufficiente a far capire quanto sia grave la situazione. E se ciò non bastasse allora è il caso di tirar fuori alcuni numeri.
l’Italia è uno dei Paesi a maggiore rischio sismico del Mediterraneo, questo è dovuto alla sua posizione geografica, situata nella zona di convergenza tra la zolla africana e quella eurasiatica: negli ultimi 2500 anni il paese è stato soggetto a 30.000 terremoti dalla media intensità compresa tra quarto e quinto grado della Scala Mercalli. Di questi circa 560 sismi hanno superato l’ottavo grado. Secondo il Consiglio Nazionale dei Geologi ben 24 milioni di persone vivono in zone ad alto rischio sismico in Italia.
Quali sono le zone ad alto rischio sismico in Italia?
Riportiamo la Classificazione Sismica del 2014 (ed ancora valida) dove non ci vuole certamente un genio per comprendere che le zone rosse sono quelle più a rischio mentre le grigie sono considerate più sicure:
Non meno importante è il dissesto idrogeologico che rappresenta per l’Italia un totale rischio con oltre 500.000 frane, già mappate: dei circa 5.581 comuni, l’80% del totale è a rischio elevato. Al primo posto troviamo Calabria, Umbria e Valle d’Aosta, seguono Marche e Toscana. A questi dati geologici vanno aggiunti i mutamenti climatici, la speculazione edilizia, la cementificazione degli alvei fluviali, il disboscamento di versanti collinari e montuosi, l’uso di diserbanti su scarpate stradali: un’assenza collettiva di responsabilità che indebolisce ulteriormente la fragilità dello stivale. Il nostro è il paese più esposto in Europa ma nonostante questo, la nuova carta geologica ha una copertura inferiore al 50% della superficie del paese. I tagli non sono certamente la risposta di cui il paese necessita per rispondere alle emergenze. La geologia italiana ha un’elevata qualità scientifica nazionale e internazionale, tanto che i risultati della Anvur (l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca) la posizionino tra il quinto e il nono posto nel mondo; eppure non ci sono finanziamenti per la ricerca scientifica: i fondi Prin sono calati da 137 milioni di euro (nel 2003) a 38,3 nel 2012 per poi scomparire del tutto.
“Questo comporta la mancanza di sedi adeguate dove si formeranno i ricercatori e i professionisti di domani, con un’inevitabile perdita della conoscenza diretta del territorio. Non basterebbe nemmeno ricorrere a geologi da altre nazioni perché la conoscenza del territorio è un fenomeno complesso che si realizza in anni di costante e assiduo lavoro e non si può improvvisare e comporterebbe costi molti alti” – ha aggiunto ancora Carosi a IlFattoQuotidiano.it.
“Ma siamo sicuri che più geologi voglia dire più tutela del territorio?
io direi di no,gli strumenti urbanistici odierni son già abbastanza
completi da questo punto di vista! non occorre sprecare risorse
pubbliche per creare nuovi disoccupati! La redazione della carta di rischio sismico altro non è che una ricerca storica dei terremoti succedutisi sul territorio!! i geologi servono a ben poco!!! Le carte di rischio sismico vengono redatte sugli eventi sismici accaduti sul territorio! quindi per redarre basta un geometrino o un ragioniere che ad ad ogni evento sismico non contemplato nella carta Nazionale aggiorni la medesima!!” – commenta così un lettore su IlFattoQuotidiano.it
Se investire nella prevenzione significa “sprecare le risorse” e se si pensa che sia sufficiente un geometra (e non chiamiamoli geometrini perché sono professionisti anche loro) per la classificazione sismica del territorio, per il nostro stivale non c’è salvezza, e non per colpa dei terremoti. Senza contare che si dice redigere e non redarre: esempio di come le tragedie in Italia, come quella del 24 agosto, contribuiscano ad un noto miracolo del web: trasformare gli ignoranti in illustrissimi esperti.