Medicina

BRAVEinMS: la ricerca per sconfiggere la sclerosi multipla

I fondi arrivano International Progressive MS Alliance, un network internazionale che riunisce le associazioni più importanti per la ricerca sulla sclerosi multipla; fra queste vi è anche l’AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla), uno dei membri fondatori. Al bando hanno partecipato i migliori centri di ricerca mondiali. Il premio complessivo di 12,6 milioni di euro, è stato suddiviso tra tre vincitori: Il gruppo di Martino, quello di Douglas Arnold della McGill University (Canada) ed il team di Francisco Quintana del Brigham and Women’s Hospital (Harvard, Stati Uniti).

«Oltre al gruppo americano di Sergio Baranzini dell’University of San Francisco in California che ha messo a punto il sistema bioinformatico, collaboreranno altri due gruppi italiani : il primo è quello che nell’acronimo CENTERS racchiude diversi ricercatori sparsi in tutto il nostro Paese: Maria Pia Abbracchio e Ivano Eberini dell’Università di Milano, Cristina Agresti dell’Istituto Superiore di Sanità, Stefania Olla, del Consiglio Nazionale della Ricerca e Marco Salvetti dell’Università La Sapienza. Il secondo gruppo è un’azienda farmaceutica, la IRBM di Pomezia che si occuperà di predisporre, per la sperimentazione in vitro, le molecole selezionate attraverso lo screening bio-informatico. Al network inoltre partecipano il gruppo di Antel Jack (McGill University, Montreal, Canada), il gruppo condotto da Tania Kulmman (Università di Muenster, Germania), il gruppo di Zipp Frauke (Università di Mainz, Germania) e quello di Goebels Norbert (Università di Dusseldorf, Germania). I primi due gruppi produrranno modelli di oligodendrociti e gli altri produrranno modelli di neuroni da utilizzare in laboratorio per affinare al massimo la selezione delle molecole che verranno poi testate sulle staminali pluripotenti indotte. Infine, per la sperimentazione conclusiva sui modelli animali di sclerosi multipla, collaborerà il gruppo di Anne Baron-Van Evercooren e Nait Oumesmar Brahim (Università Pierre Marie Curie, Parigi, Francia)» – ha spiegato il neurologo Gianvito Martino al Corriere della Sera.

BRAVEinMS è l’acronimo di “Bioinformatica e riprogrammazione di cellule staminali per lo sviluppo di una piattaforma in vitro per scoprire nuovi trattamenti per la SM progressiva”: l’idea di base è quella di unire le migliori competenze, tecniche bioinformatiche e biotecnologiche più avanzate per accelerare la scoperta di un farmaco in grado di proteggere le cellule nervose e favorire i meccanismi di riparazione della mielina. Tutti i gruppi di ricerca terranno in considerazione un modello di analisi dei big data genetici e clinici sviluppato da Sergio Baranzini all’Università di San Francisco: questo biga data si è rivelato capace di estrapolare le informazioni necessarie sulla sclerosi multipla per poi tradurle in quelle che sono le specifiche caratteristiche che una molecola deve avere per diventare un farmaco efficace.

Sergio Baranzini, credits: ucsf.edu

La Tecnica
«La tecnica ci consentirà di avere una sorta di malattia in provetta, perché, appunto nella provetta, avremo neuroni e oligodendrociti che apparterranno al paziente da cui sono state prelevate le cellule della cute. Con queste cellule, che abbiamo imparato a generare utilizzando la scoperta di Shinya Yamanaka, Premio Nobel 2012, verificheremo appunto quali, tra le molecole selezionate, funzioneranno meglio in una situazione già più vicina alla malattia che vogliamo curare. Alla fine del nostro percorso sperimenteremo le molecole migliori su tre modelli animali di malattia, che riproducono sia gli aspetti infiammatori che quelli neurodegenerativi tipici della SM, per arrivare a individuare almeno una molecola pronta per essere sperimentata sugli uomini. Prevediamo di partire con decine di migliaia di molecole e di arrivare alla fine di questo processo, dopo quattro anni, con due o tre molecole promettenti con cui avviare un primo studio nell’uomo. Cerchiamo molecole con capacità neuro protettive e rimielinizzanti, in grado di proteggere il neurone danneggiato e, possibilmente, di riattivare la capacità degli oligodendrociti delle persone con SM progressiva di produrre nuova mielina» – spiega Martino.

Published by
Antonio Piazzolla