Medicina

MRI: principio magnetico della magnetic resonance imaging

Prima parte: principio magnetico.

La MRI è una tecnica di imaging (generazione di immagini) multiplanare non invasiva, utile per indagare le funzionalità biologiche con immagini sia funzionali che strutturali, ossia che mostrano sia l’attività che l’anatomia.
Viene largamente utilizzata nell’ambito neurologico, per analizzare la presenza di patologie come l’Alzheimer, sclerosi multipla, processi espansivi( come i tumori), ictus e quant’altro.

Lo scanner per MRI è formato da 3 componenti: un magnete principale, 3 gradient magnets e bobine per la ricezione dei segnali a radiofrequenze.

Moderno scanner MRI

Lavora creando un campo magnetico statico e sfruttando le proprietà degli ioni idrogeno per la realizzazione dell’immagine: vediamo come.

Il corpo umano è composto al 70% da H2O, ma non solo: vi sono anche lipidi e carboidrati, anch’essi contenenti atomi di idrogeno, per cui è un atomo estremamente diffuso nella fisiologia umana.

Nell’ambiente cerebrale, gli spin degli atomi di idrogeno hanno un orientamento casuale e con una magnetizzazione netta (M) pari a zero, dunque non calcolabile.

Per poterla calcolare, occorre perturbare gli spin applicando un campo magnetico esterno forte, dato dal magnete principale, così da disporre gli atomi in senso parallelo e antiparallelo rispetto alla magnetizzazione netta, che ora risulta essere diversa da zero.

disposizione degli idrogeni: sopra in modo casuale, sotto dopo l’applicazione del campo magnetico esterno.

Gli atomi disposti nel verso parallelo appartengono alla “low energy state” (atomi in blu), cioè in uno stato di bassa energia assorbita, mentre gli anti paralleli sono nella “high energy state” (atomi in rosso), ossia alta.

Nonostante la magnetizzazione netta sia diversa da zero, è in configurazione longitudinale rispetto agli atomi, quindi nello stesso verso: per essere calcolata, deve ruotare di 90° raggiungendo la configurazione trasversale.

A questo punto, entra in campo la frequenza di Larmor, che vale 42.58 MHz/Tesla. L’applicazione della frequenza permette ad alcuni atomi di assorbire energia passando da uno stato di bassa energia ad uno ad alta energia e la magnetizzazione netta passa dalla configurazione longitudinale a trasversale.

Quando questa energia viene rilasciata sotto forma di energia elettromagnetica viene rilevata dalle bobine a radiofrequenza dello scanner e si determineranno 5 diversi parametri che costituiranno le immagini, ossia:

TR (time resolution): tempo definito dalle volte che si sollecitano i nuclei degli idrogeni;
TE (Time Echo): il tempo che intercorre tra la sollecitazione e la rilevazione di tutti i dati;
T1: definisce il tempo di rilascio dell’energia di ogni singolo tessuto. Ciascun tessuto infatti rilascia l’energia con un tempo proprio, questo fa si che si possano definire, in base ai tempi di rilascio, tessuti diversi, costituendo un ottimo parametro per la realizzazione di un’immagine strutturale;
T2: definisce il tempo di decadimento della magnetizzazione dovuta all’interazione dei vari nuclei. Definisce pertanto un ottimo parametro per la realizzazione di un’immagine funzionale.
T2*: sommatoria del T2 con un altro parametro, ossia la inomogeneità, sensibile alla presenza dell’ossigeno nel sangue. Quando si compie un qualunque tipo di azione, la parte del cervello interessata viene irrorarata con una quantità maggiore di sangue ossigenato che nell’immagine sarà evidenziata.

relazione dei parametri

In particolare, T1 T2 e T2* sono influenzate dai parametri TR e TE, come possiamo denotare dall’immagine accanto che segue l’equazione:
         Mo(1-e^(-TR/T1))e^(-TE/T2)

Published by
Valentina Casadei