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Australia: identificate 1000 nuove specie [FOTOGALLERY]

Le profondità degli abissi hanno da sempre affascinato l’uomo, come lo testimoniano le numerose pellicole cinematografiche in merito. Con la tecnologia odierna però, la sola immaginazione non è sufficiente a soddisfare la curiosità ed è per questo che è nato Sampling the Abyss, una spedizione internazionale che ha coinvolto quaranta scienziati, partiti lo scorso mese da Launceston, in Tasmania, a bordo della Marine National Reasearch Facility; scopo della spedizione era appunto esplorare per la prima volta le profondità dell’oceano orientale dell’Australia.

Il gruppo, capitanato dagli scienziati del Museums Victoria e del Csiro (Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation), è riuscito per la prima volta a identificare la biodiversità delle aree abissali di fronte alle coste di Brisbane, nel Queensland. “L’abisso è l’habitat più grande e più profondo di tutto il pianeta, che copre metà degli oceani del mondo e un terzo del territorio australiano, ma rimane l’ambiente più inesplorato” – ha commentato a riguardo Tim O’Hara, uno degli autori dello studio.

Il classico granchio rosso ha sviluppato una corazza di spine per proteggersi dai pericoli degli abissi. Credits: Asher Flatt

La zona d’azione della ricerca è l’abissopelagica, collocata ad una profondità di circa 4mila metri; un’area molto difficile da esplorare per via delle condizioni avverse: profondità, assenza di luce, basse temperature e pressione elevatissima. A causa di questi fattori, l’area in questione è rimasta quasi del tutto inesplorata ed ha portato a mutamenti davvero unici (degni della creatività di Tim Burton!): mancanza di occhi, corpi gelatinosi, corazze ricoperte di spine, e l’emissione di luce (biolumuniscenza). Scopriamoli insieme! (Per visualizzare la FotoGallery completa da smartphone apri questo articolo da browser).

Il classico granchio rosso ha sviluppato una corazza di spine per proteggersi dai pericoli degli abissi. Credits: Asher Flatt
Chiamato scherzosamente "Zombie-worm", questo genere di verme si trova comunemente nelle carcasse delle balene, sul fondo dell'oceano. Sono sprovvisti di apparato digerente completo, sostituito da batteri che si occupano della digestione. Credits: Maggie Georgievamore
Questi organismi spugnosi sono costituiti da uno scheletro di filamenti di silice, alcuni dei quali possono essere lunghi fino ad un metro. Si nutrono di batteri e di altri organismi. Credits: Rob Zugaromore
Sulla forma di questo essere vivente gli scienziati hanno scherzato e riso tanto.. Questo verme di mare, se minacciato, può ritrarre la testa all'interno del fusto flessibile e piuttosto robusto. Credits: Rob Zugaromore
Questa specie è la razza di artropodi più antichi del pianeta. La semplicità è il loro motto, essendo costituiti da tanti piccoli tubi luminescenti. Credits: Asher Flatt
Occhi azzurri e livrea rossa, questo piccolo pesce dal corpo gelatinoso (o quasi) appartiene alla famiglia degli anglerfish. Credits: Rob Zugaro
"Senza volto"; sprovvisto di occhi e con un sorriso alla Mona Lisa; lo hanno definito così gli scienziati dopo averlo tirato su dagli abissi. Credits: Asher Flatt
A dare il nome a questo polipo sono le sue orecchie simili a quelle dell'elefantino della Disney. Fungono da "pinne" che consentono all'animale di cambiare direzione. Credits: Rob Zugaro
Lo squalo-biscotto vive a 1000 metri di profondità; nonostante le sue piccole dimensioni, attacca grossi predatori da pesci più grossi a delfini e balene, tagliuzzando la loro carne coi suoi piccoli denti aguzzi. Ciliegina sulla torta, è luminescente. Credits: Rob Zugaromore
Questo pesce divenne famoso nel 2003 quando venne avvistato (evento unico e raro) nel mare della tasmania. Vive a 2500 metri di profondità e nel 2013 il popolo del web lo ha eletto come "Il pesce più brutto di sempre". Credits: Rob Zugaromore

I ricercatori si sono serviti del sonar multibeam, un dispositivo che permette di mappare il pavimento abissale; il team ha poi “calato” le attrezzature di campionamento e raccolta dati tra i 2.500 e i 4.000 metri di profondità, identificando oltre mille specie diverse, di cui un terzo completamente sconosciuto: pesci, stelle marine, molluschi, granchi, spugne e vermi. “I dati raccolti in questo viaggio saranno fondamentali per comprendere l’habitat abissale dell’Australia, la sua biodiversità, i processi ecologici che lo sostengono. Potremo così contribuire alla sua conservazione e gestione, proteggendolo dagli impatti del cambiamento climatico, dell’inquinamento e da altre attività umane” – ha aggiunto Tim O’Hara.

A dare il nome a questo polipo sono le sue orecchie simili a quelle dell’elefantino della Disney. Fungono da “pinne” che consentono all’animale di cambiare direzione. Credits: Rob Zugaro

I dati raccolti hanno messo in luce anche il preoccupante livello di inquinamento, evidenziando sul fondale lattine di vernici, bottiglie, lattine di birra e altri detriti. “Il mare porta con sé oltre 200 anni di spazzatura. Dati come questi costituiscono il primo passo per influenzare gli atteggiamenti sociali verso lo smaltimento dei rifiuti” – conclude Tim O’Hara.

Questi organismi spugnosi sono costituiti da uno scheletro di filamenti di silice, alcuni dei quali possono essere lunghi fino ad un metro. Si nutrono di batteri e di altri organismi. Credits: Rob Zugaro
Published by
Antonio Piazzolla