Una molecola per poter essere eritrociti
Ogni cellula del nostro corpo origina da cellule staminali, indifferenziate e capaci di dar luogo a tutti i vari tipi cellulari. Gli eritrociti in particolare derivano dalle cellule staminali della linea mieloide (CFU-GEMM), le quali saranno indirizzate verso la produzione di precursori degli eritrociti grazie allo stimolo derivato dell’eritropoietina. Durante il differenziamento, queste cellule perdono tutti i loro organelli per lasciare spazio alle molecole di emoglobina. Ma come fa la cellula ad individuare cosa distruggere e cosa no?
La risposta arriva dalla Harvard Medical School. Il Prof. Daniel Finley, docente di biologia cellulare ad Harvard, ha individuato il meccanismo con cui si verifica l’ultimo step del differenziamento degli eritrociti, ovvero il passaggio da reticolocita ad eritrocita maturo.
I globuli rossi
Sicuramente tra le cellule più note del corpo umano, gli eritrociti, o globuli rossi, sono delle cellule specializzate nel trasporto di ossigeno dai polmoni ai tessuti e di quello di anidride carbonica in direzione opposta. Con la loro caratteristica struttura a disco biconcavo sono in grado di attraversare i capillari più piccoli, assicurando il nutrimento a tutte le cellule dell’organismo.
Proprio per questa loro unica funzione di trasportatori, non hanno bisogno di produrre proteine o di avere altre attività metaboliche. Sono infatti cellule completamente prive di organelli nonché di nucleo. Al loro interno ritroviamo essenzialmente solo molecole di emoglobina, la proteina responsabile del legame con l’ossigeno e la CO2.
Da reticolocita a eritrocita
Fino ad ora il differenziamento degli eritrociti era stato quasi completamente chiarito. Si è da molto tempo a conoscenza dei vari stadi che la cellula staminale deve affrontare prima di poter essere considerata un eritrocita. Mancava però la comprensione di come la cellula potesse individuare tutte le proteine da eliminare per lasciare sempre più spazio all’emoglobina.
I ricercatori di Harvard hanno pubblicato di recente uno studio sulla rivista Science in cui si mette in evidenza come l’enzima UBE2O, individuato per la prima volta nel 1995 proprio dal Prof. Finley, sia il responsabile della degradazione tramite ubiquitina delle proteine destinate ad essere eliminare. Questo sistema di degradazione delle proteine si basa sul legame tra l’ubiquitina e il proteasoma, un complesso multi proteico la cui funzione è simile a quella dei lisosomi, che insieme formano il sistema ubiquitina-proteasoma (UPS). UBE2O è un enzima coniugatore dell’ubiquitina, necessario per l’attacco di questa proteina al bersaglio.
Da questo lavoro si vede come in topi knock-out per il gene codificante per UBE2O si sviluppino gravi forme di anemia, dovute al fatto che l’organismo non riesce a produrre eritrociti, bloccati nel precedente stadio differenziativo. In questi topi il sistema UPS non funziona dal momento che manca uno degli enzimi necessari per l’attività dell’ubiquitina. Le cellule che non riescono a completare il differenziamento sono indirizzate all’apoptosi (morte cellulare programmata), causando così il quadro clinico dell’anemia.
La speranza dei ricercatori
Data la centralità della scoperta nel differenziamento degli eritrociti, i ricercatori sono fiduciosi nel fatto che questa possa condurre a dei passi avanti nelle terapie per patologie ematiche e di tumori del sangue.
Inoltre non è affatto escluso che anche il differenziamento di altri tipi cellulari possa essere legato alla presenza e al funzionamento dello stesso enzima scoperto dal prof. Finley, il che potrebbe fornire prospettive completamente nuove.