Attendibile il riconoscimento dell’imputato tramite Facebook
Uno degli argomenti più discussi circa il rapporto tra utilizzo dei social network e diritto è quello relativo alla possibilità di riconoscere un imputato tramite foto e informazioni presenti sul profilo online. Qual è, infatti, il limite tra privacy e esigenza di giustizia? Quando un soggetto può esere riconosciuto tramite un profilo social? E, in giuridichese, quali sono i limiti formali imposti dagli artt. 213 e 214 c.p.p.?
Ormai assistiamo da tempo alla contaminazione delle tradizionali pratiche investigative con le tecnologie moderne, tra cui proprio i social network. Vi avevamo, ad esempio, già parlato della possibilità di utilizzare il malware Trojan come strumento di indagine (qui: http://sciencecue.it/malware-trojan-strumento-indagine/11227/) introdotto con la riforma Orlando. Quella novità, introdotta dal legislatore, viene, in questi giorni, affiancata da una decisione della Corte di Cassazione.
In questo caso, però, al centro della sentenze c’è facebook e, in particolare, la possibilità di riconoscere un imputato tramite lo stesso social network. La sentenza in questione è la n. 45090/2017, con la quale la Suprema Corte ha accertato l’attendibilità del riconoscimento avvenuto tramite il social network di Mark Zuckerberg.
Il ricorso in Cassazione, in particolare, era stato proposto proprio dall’imputato. Questo, condannato per concorso in rapina e porto d’armi, sosteneva non solo l’inattendibilità del riconoscimento attuato nelle modalità appena esposte ma, ulteriormente, riteneva che, in ogni caso, questo avrebbe dovuto essere seguito da un riconoscimento operato secondo le tradizionali modalità.
Ebbene, la Corte, con la pronuncia sopra menzionata, ha rigettato il ricorso sostenendo la genuinità e attendibilità del riconoscimento effettuato dalla persona offesa, nonostante fosse avvenuto tramite Facebook.