Tachicardia, vertigini, allucinazioni, stato confusionale; può un’opera d’arte mandarci in “tilt”? In cosa consiste la patologia che ha ispirato l’omonima pellicola di Dario Argento? Il regista italiano ha saputo ben rappresentare il disturbo psicosomatico nel film del 1996 con protagonista sua figlia Asia Argento nei panni di Anna Manni, una poliziotta romana della squadra antistupro.
Nota anche come “sindrome di Firenze“, dal momento che nella città italiana vi sono stati registrati più casi, si tratta di un’affezione psicosomatica che provoca tachicardia, capogiro, vertigini, confusione e allucinazioni quando coloro che ne sono affetti si trovano al cospetto di opere d’arte di straordinaria bellezza, specie se collocate in spazi limitati.
Il primo episodio di cui si ha testimonianza è quello che vide come protagonista lo scrittore francese Marie-Henri Beyle, in arte Stendhal, pseudonimo che ha indicato poi il disturbo in tutte le bibliografie; durante il suo Grand Tour nel 1817 infatti, lo scrittore accusò un malore che descrisse poi nel suo libro “Roma, Napoli e Firenze”:
Ero giunto a quel livello di emozione dove si incontrano le sensazioni celesti date dalle arti ed i sentimenti appassionati. Uscendo da Santa Croce, ebbi un battito del cuore, la vita per me si era inaridita, camminavo temendo di cadere.
La scena iniziale del film “La sindrome di Stendhal” di Dario Argento; la poliziotta Anna Manni sviene mentre si trova alla Galleria degli Uffizi di Firenze:
Il disturbo venne individuato, analizzato e classificato, per la prima volta, dalla psichiatra fiorentina Graziella Magherini, nel 1977; la Magherini descrisse alcuni casi che videro per protagonisti vari turisti stranieri in visita a Firenze, tutti colpiti da episodi acuti di sofferenza psichica ad insorgenza improvvisa e di breve durata. I pazienti, principalmente di sesso maschile, avevano un’età compresa fra i 25 e i 40 anni, con un buon livello di istruzione scolastica; viaggiavano quasi tutti da soli, erano provenienti dall’Europa Occidentale o dal Nord-America ed il loro itinerario di viaggio dava priorità all’aspetto artistico che ne decideva di conseguenza le mete.
Il disagio si presentò poco tempo dopo il loro arrivo a Firenze, verificandosi all’interno dei musei durante l’osservazione delle opere d’arte. Riconoscere tutti i sintomi non fu un lavoro facile: essi non furono ascrivibili ad uno specifico disturbo psichiatrico dal momento che abbracciavano più aree della tradizionale psicopatologia, partendo dall’area psicotica fino a quella nevrotica/dissociativa.
La Magherini studiò i casi di 106 turisti realizzando che alcuni di loro presentavano disturbi del contenuto e della forma del pensiero con intuizioni e percezioni deliranti associate a disturbi delle senso/percezioni con allucinazioni uditive, fenomeni illusionali e cenestofrenie; altri invece presentavano disturbi affettivi, con umore orientato in senso depressivo dai contenuti olotimici di colpa e di rovina o, viceversa, in senso maniacale con euforia e manifestazioni di estasi. Altri ancora manifestavano sintomi riferibili agli attuali criteri diagnostici per il disturbo di panico, con crisi acute di ansia libera o situazionale.
Negli ultimi anni si è scoperto che anche la musica moderna, di forte impatto psicologico ed emotivo, può essere causa di stati molto simili a deliri comuni e allucinazioni, la cui diagnosi resta tuttavia nella sfera della psicosi.
Prima della Magherini ci sono stati vari psicoanalisti, tra i quali anche Freud, che si sono interessati all’interpretazione delle opere d’arte e alla creatività degli artisti: molti concordarono sull’affermare che gli artisti, tramite le loro opere, comunicano conflitti infantili profondi, fantasie edipiche represse che manifestano sotto forma di espressione artistica.
Graziella Magherini ha estratto una formula, dalle varie teorie psicoanalitiche, che tenta di spiegare il rapporto tra fruitore ed opera d’arte:
Fruizione artistica = Esperienza estetica primaria madre-bambino + Perturbante + “Fatto scelto” + “F“
Per “esperienza estetica primaria madre-bambino” si intende il primo incontro del bambino con il volto, i seni e la voce della madre, rispecchiando così anche il primo rapporto con l’estetica ed il primo contatto con la bellezza;
Il “perturbante” invece fa riferimento ad un concetto ripreso da Freud e consiste in un’esperienza conflittuale passata rimossa, molto significativa da un punto di vista emotivo che ritorna prepotentemente attiva nel momento in cui c’è l’incontro con l’opera d’arte e in particolar modo con il “Fatto Scelto“, un particolare dell’opera in questione dove la persona concentra tutta la sua attenzione: il particolare richiama alla mente episodi personali vissuti e, quindi, conferisce all’opera quel particolare e personale significato emozionale responsabile, secondo Magherini, dello scatenamento della sintomatologia psichica.
La sindrome, tuttavia, non è mai stata approfonditamente indagata da un punto di vista scientifico e, per vari motivi, la si considera come un fenomeno privo di una sua specificità psicopatologica. La teoria rappresenta comunque un modello teorico di studio “a ponte” fra psicoanalisi e neuroscienze per comprendere in termini neuroscientifici alcuni concetti psicoanalitici (empatia, proiezione, internalizzazione, ecc.) che in passato sono stati accusati di essere puramente metaforici o “metapsicologici” soprattutto perché il loro substrato neurale era totalmente sconosciuto.