“Filmato” il cervello attivato dalla serotonina
Nei giorni scorso è stato compiuto un passo avanti importante verso la comprensione di come la serotonina agisca sul cervello. Fino ad ora infatti non era ben chiaro quali neuroni rispondessero agli stimoli di questo neurotrasmettitore, né si era stati in grado di osservare la sequenza di attivazione neuronale. La ricerca pubblicata su Cell Reports il 25 Ottobre 2017 potrebbe aprire la strada a nuovi studi volti al trattamento di disturbi legati a questo tipo di segnalazione cellulare.
Lo studio è stato portato avanti da due team di ricerca Italiani, guidati da Alessandro Gozzi del Center for Neuroscience and Cognitive System dell’Istituto Italiano di Tecnologia (Cncs-Iit di Rovereto) e da Massimo Pasqualetti del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa.
Uno sguardo all’oggetto dello studio: la serotonina
La serotonina (5-HT, 5-hydroxytryptamine) è, come dice il nome inglese, una triptamina, ovvero una molecola derivata da modificazioni dell’aminoacido Triptofano. All’interno del cervello la serotonina assume il ruolo di neurotrasmettitore ed è legato alla modulazione dell’attività di una vasta gamma di neuroni. È implicata nel controllo di quelle attività cerebrali che vanno a controllare, tra le varie, la sfera emotiva, il sonno, la temperatura corporea e la sessualità.
Per questi motivi un’alterazione nella funzionalità di questo trasmettitore porta danni molto seri. Non a caso la serotonina è stata implicata nel trattamento di sindromi depressive, schizofrenia ed altri disturbi neuropsichiatrici. Si pensi solo che il Prozac e il Dropaxin, noti farmaci antidepressivi, agiscono proprio sull’attività della serotonina.
Uno studio durato quattro anni
I ricercatori in questo studio, realizzato su topi, hanno fatto uso di due tecniche di indagine molto complesse: la risonanza magnetica funzionale (fMRI), per osservare quali aree del cervello rispondessero agli stimoli serotoninergici, e una tecnica chemogenetica chiamata DREADD (designed receptors exclusively activated by designed drugs), che consiste nell’utilizzare particolari farmaci per far in modo che gli unici neuroni eccitabili fossero proprio quelli dipendenti dalla serotonina. Uno dei principali problemi nello studio di questi neuroni, fino ad oggi, è stata proprio la difficoltà di ottenere dati non contaminati dall’attività di altre cellule.
Si è così potuto osservare in tempo reale che l’azione della serotonina non è distribuita in tutte le regioni del cervello ma concentrata in particolari aree. Come ha spiegato il prof. Pasqualetti a “La Repubblica”:
“Le aree che si sono accese in una manciata di secondi sono l’ippocampo e la corteccia cerebrale, non a caso le due regioni deputate a regolare il comportamento emotivo. Proprio le due strutture cerebrali che mostrano deficit funzionali nel caso di patologie neuropsichiatriche come la depressione”.
Si comprende quindi l’importanza dello studio italiano che ha aperto le porte alla comprensione approfondita di quali neuroni rispondano allo stimolo serotoninergico ed in che modo. Le possibilità terapeutiche infatti non possono prescindere da una conoscenza dei meccanismi molecolari fisiologici e fisiopatologici delle varie componenti del sistema che si vuole studiare; in questo caso, il cervello.