La più grande area protetta sulla Terra: un’idea Greenpeace
Greenpeace ha deciso di iniziare una campagna su scala mondiale, con lo scopo di creare una riserva Antartica che riesca a coprire una superficie oceanica pari a 1.8 milioni di Kilometri quadrati. L’idea è quella di riuscire a generare una sorta di area protetta per salvaguardare le specie animali e vegetali più a rischio della zona, soprattutto balene e pinguini. L’emergenza climatica è ancora una delle priorità della politica globale e, per ora, non esistono soluzioni concrete.
Close-up Engineering vi aveva parlato di quanto accaduto quasi due anni fa, durante il Vertice ONU denominato “Cop21”, in cui venne raggiunto un’accordo tra le varie Nazioni, poi entrato in vigore il 03/11/2016, esattamente un anno fa.
L’idea Greenpeace per la salvaguardia ambientale
Greenpeace ha lanciato un apello ai governi, invitandoli ad avere “maggiore ambizione e lungimiranza” durante l’anno che verrà, andando a creare la più grande area protetta sulla Terra: una riserva dell’Oceano Antartico. Secondo l’ONG di Vancouver dovrebbe essere 5 volte più grande di quella presente nel Mare di Weddell, creata dalla Germania, accanto alla penisola Antartica.
“Nei prossimi 12 mesi abbiamo l’opportunità di fare la storia: creare una riserva dell’Oceano Antartico, che sarebbe la più grande area protetta sulla Terra. Le riserve dell’Oceano non solo proteggono gli incredibili animali selvatici, come le balene e i pinguini, ma assicurano anche la salute degli oceani che assorbono l’anidride carbonica e ci aiutano ad affrontare il cambiamento climatico “.
Questo è quanto detto da Frida Bengtsson, a capo della campagna Antartica di Greepeace. La proposta è stata presentata all’Unione Europea e promossa dal governo Tedesco. I responsabili del CCAMLR (Commission for the Conservation of Antarctic Marine Living Resources) la valuteranno nell’ottobre del 2018, insieme a quella per la salvaguardia del Mar Rosso presentata dai governi degli USA e della Nuova Zelanda durante lo scorso anno.
Un commento sulla proposta è arrivato direttamente dall’Università di Oxford. Precisamente da Alex Rogers, docente di conservation biology, il quale dichiara:
Se vogliamo evitare gli effetti peggiori del cambiamento climatico e proteggere la biodiversità, dobbiamo salvaguardare oltre il 30%dei nostri oceani e l’Antartide è un posto fantastico per iniziare. Le minacce per l’Antartide sono in aumento, tra cui il cambiamento climatico e l’inquinamento, anche per quanto riguarda la plastica e la pesca. La creazione di grandi riserve marine può consentire a questi ecosistemi di rimanere in uno stato completamente funzionale. I governi hanno una piccola finestra di tempo per lavorare insieme e proteggere gli oceani, è il momento di entrare in azione.
A partire da gennaio 2018, Greepeace lavorerà con un gruppo di scienziati indipendenti per raccogliere i dati che saranno di supporto al progetto per creare la vasta area protetta. John Hocevar, biologo della ONG, pioterà un sottomarino (insieme ad un collega) per esplorare le remote acque incontaminate dell’Oceano Antartico.
Oltre Greenpeace: la situazione ad un anno da Parigi
Tra le problematiche ambientali più gravi degli ultimi tempi non compare (purtroppo) soltanto l’Oceano Antartico. Tra le situazioni più gravi degli ultimi due anni, troviamo:
- Shock in Australia: morta la Grande Barriera Corallina
- L’ora della Terra
- Cos’è l’Earth Hour?
- IMAGES of Change: le foto della NASA che fanno riflettere
- Lo zero termico a 5000 metri di quota
Come dicevamo in precedenza, a Parigi è stato stipulato un accordo sul clima tra le Nazioni che fanno parte dell’ONU. Ad un anno esatto dall’entrata in vigore troviamo “in pima pagina” il ritiro degli Stati Uniti d’America. Notizia non proprio gratificante! Allo stesso tempo però, i Paesi che hanno aderito all’accordo sono diventati 169, contro i 55 inziali. Tra questi troviamo anche l’Italia, che ha preso parte all’accordo il 27 ottobre 2016. Arrivano anche dati importanti. Secondo Gianni Silvestrini (diretto scientifico di Kyoto Club):
L’accordo ha innescato una decisa accelerazione delle politiche climatiche in alcuni Paesi chiave. Le emissioni della Cina al 2030 dovrebbero essere almeno di 1,5 miliardi di tonnellate di CO2 inferiori rispetto agli obiettivi presentati e quelle dell’India vengono stimate in un miliardo in meno rispetto ai 6 miliardi previsti.
Dichiarazioni e numeri che fanno ben sperare i cittadini del mondo, in attesa di una proposta definitiva. Magari sulla scia di Greenpeace.