“Diagnosticare le patologie il prima possibile” è diventato l’obiettivo della medicina di oggi. Cercare di diagnosticare prima per curare prima, almeno in teoria. Sempre più spesso in televisione, così come nelle riviste, si sente parlare di diagnosi precoce. Un concetto, questo, apparentemente banale ma che nasconde più insidie di quel che si potrebbe pensare. Molto spesso, infatti, non ci si accorge che si dovrebbe parlare non tanto di diagnosi precoce quanto di diagnosi predittiva.
La differenza è così sostanziale da cambiare radicalmente la prospettiva di chi riceve la risposta di un test. Una diagnosi precoce, infatti, informa una persona che si è in presenza di una malattia; una diagnosi predittiva la informa che c’è un rischio che una data patologia possa presentarsi.
I progressi in campo diagnostico sono stati davvero eccellenti negli ultimi decenni. Oggi in tutti gli ospedali si ha la possibilità di eseguire test diagnostici computerizzati in alta definizione (PET e Risonanza Magnetica, tanto per citarne due molto noti) che permettono ai medici di vedere ciò che prima era impossibile apprezzare.
Il campo oncologico sta puntando molto in questa direzione. La ricerca di nuovi metodi per individuare la presenza di un tumore sempre più precocemente sembra essere una delle sfide più importanti per molti laboratori. È infatti essenziale individuare il prima possibile la presenza di una neoplasia per evitare uno sviluppo della massa tumorale. Il tutto è funzionale ad una migliore prospettiva terapeutica, che a volte si rivela salvavita.
Si è giunti poi ad individuare delle situazioni predisponenti allo sviluppo di un tumore, mettendo i sanitari nella condizione di poter indicare un rischio, espresso in percentuale, di insorgenza di una malattia non ancora presente al momento del controllo.
Molto noto è il caso di Angelina Jolie. La star dichiarò di essere ricorsa ad una mastectomia preventiva di entrambi i seni (rimozione chirurgica delle ghiandole mammarie), poiché le era stato indicato un alto rischio di sviluppare il cancro della mammella. Ecco che incontriamo quello che è la diagnosi predittiva, ben diversa dalla diagnosi precoce! La Jolie sulla base della valutazione di un rischio, ha optato per una soluzione drastica. Una soluzione discutibile ma comprensibile, che ha spronato molte donne, anche in Italia, a seguire lo stesso iter.
Dobbiamo ricordare, però, che in una situazione di questo genere, chi decide di sottoporsi a trattamento chirurgico è, in quel momento, una persona completamente sana che, forse, non svilupperà mai una patologia anche senza ricorrere ad alcun trattamento!
La notizia dell’arrivo di un software in grado di anticipare la diagnosi di Alzheimer di circa dieci anni ha avuto un fortissimo impatto mediatico e ha riportato al centro del dibattito pubblico il tema della diagnosi precoce. Dieci anni prima che i sintomi e i segni clinici comincino a manifestarsi, tuttavia, la persona è sana, non malata. Il software sfrutta una serie di analisi per produrre un risultato probabilistico dello sviluppo futuro di malattia, facendo una predizione, non una diagnosi precoce. La malattia da diagnosticare non c’è.
La differenza fondamentale tra i due termini, dunque, è la presenza o meno di una patologia; un fatto non indifferente per chi si reca dal medico. Quando si chiede una diagnosi predittiva si deve essere consapevoli che quella non rappresenta, e non può rappresentare, una certezza clinica.
Spesso, come abbiamo visto, si tende a confondere le due cose attribuendo alla predizione un valore clinico molto maggiore di quello che realmente ha.
Prendere delle decisioni, spesso anche importanti, sulla base di calcoli statistici è una scelta, farlo pensando che siano assolute certezze è un grosso errore. Qui entra in gioco la figura del bravo medico, in grado di fornire i giusti consigli al momento opportuno.