Home » Il registratore più piccolo al mondo? Un batterio

Il registratore più piccolo al mondo? Un batterio

Un batterio per registrare i sistemi biologici

Ph: farmacoecura.it

Circa 3 x 0,5 micron (1 micron = 0.000001 metri) sono le dimensioni di quello che è il più piccolo registratore mai prodotto. Una singola cellula batterica può essere in grado, se opportunamente ingegnerizzata, di raccogliere informazioni dall’ambiente circostante e di registrarle nel proprio genoma. I progressi ottenuti nel campo del sequenziamento genomico permettono di leggere ciò che è scritto in un qualsiasi genoma, per cui non ci saranno difficoltà nel rileggere ciò che il batterio ha registrato.

Come pubblicato su Science, i ricercatori del Columbia University Medical Center (CUMC), guidati da Harris Wang, PhD, assistant professor presso il Dipartimento di Patologia, Biologia Cellulare e Sistemi biologici del CUMC, sono riusciti a trasformare una cellula di E.Coli in un registratore microscopico.

Come può un batterio registrare qualcosa?

Il meccanismo attraverso il quale una cellula batterica, come quella di E.Coli utilizzata dai ricercatori americani, può registrare variazioni a carico dello spazio extracellulare va ricercato nella natura intrinseca dei batteri.

Video Credits: Columbia Medicine

In risposta ad un’infezione virale i batteri non hanno certo a disposizione le armi che ha un organismo complesso come l’essere umano. I ricercatori rimasero stupiti, però, quando furono in grado di vedere che anche i procarioti non sono del tutto inermi rispetto alle infezioni, bensì dispongono di misure difensive anche abbastanza complesse.

Per comprendere come un batterio possa difendersi da un virus dobbiamo introdurre necessariamente il concetto che ha poi dato il via alla ricerca su CRISPR/Cas-9 utilizzato anche su esseri umani, della quale vi abbiamo parlato in questo precedente articolo.

Il sistema CRISPR/Cas utilizzato in terapia genica deriva infatti da un sistema difensivo batterico. Quando un batterio viene attaccato, si attiva il sistema CRISPR, un meccanismo che consiste di una elicasi, un enzima in grado di srotolare letteralmente il DNA del ospite indesiderato, e di enzimi della famiglia Cas.
Cas-1 e Cas-2 sono in grado di agire come una forbice molecolare; sono capaci di tagliare un pezzo del DNA virale, circa 33 paia di basi, ed incollarlo sul genoma del batterio stesso, in corrispondenza del segmento dedicato ai geni CRISPR.

Il sistema difensivo del batterio
Ph: rna.berkeley.edu

Il batterio sopravvissuto alla prima infezione si ritroverà nel genoma un pezzo di DNA del virus, che servirà da campanello d’allarme in caso di reinfezione. In questo caso, infatti, il batterio potrà attaccare il DNA virale grazie al sistema CRISPR/Cas che coinvolgerà altri enzimi della famiglia Cas, deputati alla distruzione del genoma virale.

Una sequenza di infezioni viene registrata nel DNA batterico, in modo che la cellula abbia un proprio archivio e una memoria dei patogeni incontrati.

Il colpo di genio dei ricercatori americani

Ora che abbiamo compreso come un batterio può effettivamente registrare delle informazioni, possiamo capire meglio come questa capacità dei procarioti è stata sfruttata dai ricercatori della CUMC.

Wang e i suoi collaboratori hanno ingegnerizzato due plasmidi, molecole di DNA in grado di replicarsi autonomamente rispetto al cromosoma batterico; al primo è stata conferita l’abilità di creare un gran numero di copie di se stesso in risposta a segnali esterni.

Il secondo plasmide funziona,invece, come una sorte di orologio in grado di scandire il tempo. In assenza di stimoli esterni, infatti, grazie a quest’ultimo la cellula inserirà nel proprio cromosoma solo geni spaziatori nei loci CRISPR (temporal recording in arrays by CRISPR expansion = TRACE).

Il funzionamento del registratore biologico
Ph: sciencemag.org

Quando la cellula individua un segnale esterno, il primo plasmide viene attivato portando all’inserimento delle proprie sequenze all’interno del cromosoma batterico.

Il risultato finale è un misto di sequenze di background, utili a scandire il tempo, e sequenze dipendenti da variazioni dell’ambiente extracellulare.

Grazie poi a tecniche di sequenziamento genico si potrà rivivere ciò che il batterio ha vissuto e scritto nel proprio genoma, non limitandosi al “cosa” c’è scritto ma arrivando a capire anche il “quando” quella informazione è stata scritta.

Le prospettive aperte dallo studio

“Il nostro lavoro permette nuove applicazioni nella registrazione biologica. TRACE potrà essere utilizzato per registrare variazioni di metaboliti, cambiamenti nell’espressione genica. Inoltre potrà fornire informazioni utili allo studio di popolazioni cellulari che abitano ambienti difficili da studiare”.

Così il team di ricerca spiega l’utilità del proprio lavoro. Si potrà infatti sfruttare questa intrinseca capacità dei batteri per ottenere informazioni riguardo ambienti inesplorabili in sistemi complessi, le quali potrebbero essere utili per individuare caratteristiche importanti dei tessuti, come per esempio l’intestino dei mammiferi, in relazione a specifici stati patologici.

Si sta lavorando per riuscire ad ottenere una registrazione di maggiore durata rispetto alle circa 6 ore ad oggi disponibili.

Una nuova frontiera della biologia molecolare potrebbe avere avuto il proprio inizio.