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Baricitinib, il farmaco 2.0 per l’artrite reumatoide

Approvato dall’Aifa il nuovo farmaco, a base di baricitinib, sarà presto rimborsato anche nel nostro paese: può bloccare l’infiammazione e il danno articolare anche gravi

Artrite reumatoide

Artrite reumatoide, credits: energytherapy.biz

Si chiama Baricitinib il nuovo farmaco per curare l’artrite reumatoide ed è in grado di arrestare i meccanismi che innescano l’infiammazione alle articolazioni: i benefici si vedono già dalle prime settimane con una notevole diminuzione del dolore e della rigidità.

Dopo i risultati positivi ottenuti nella fase 2, quando baricitinib ha dimostrato di arrestare i meccanismi che innescano l’infiammazione alle articolazioni, i ricercatori sono passati alla fase 3 della sperimentazione, coinvolgendo complessivamente 1305 persone (dai 18 anni in su) ad uno stadio patologico moderatamente e gravemente attivo: i pazienti accusavano 6 articolazioni dolenti su 68 giunti esaminati, 6 articolazioni gonfie su 66 giunti esaminati e un livello di proteina C reattiva sierica maggiore o uguale a 3 mg per litro.

23 milioni di pazienti affetti

Sono 23 milioni i pazienti affetti nel mondo (400.000 in Italia); la patologia colpisce principalmente le donne (il rapporto rapporto di 3 a 1 sugli uomini), solitamente a partire dai 50 anni di età. Importante è tenere sotto controllo i livelli di infiammazione anche per diminuire le possibilità di riscontrare altre patologie che si aggiungono al quadro già complesso della malattia reumatica, dal momento che l’artrite reumatoide è un importante fattore di rischio per le malattie cardiovascolari come l’infarto: più del 50% dei decessi prematuri nei soggetti con artrite reumatoide è imputabile a eventi cardiaci; le cause infatti sono riconducibili alla cascata infiammatoria che interessa i vasi sanguigni e aumenta il rischio di aterosclerosi.

Trial Studio
Iconografia del trial sperimentale. Crediti: multivu.com

L’impatto sulla quotidianità

L’artrite reumatoide conduce ad una progressiva disabilità con conseguenze sulla vita quotidiana notevoli, come l’impossibilità nel compiere semplici azioni semplici come vestirsi e lavorare. Si stima che il 50% dei pazienti riporta vari gradi di invalidità o non autosufficienza nei primi vent’anni della malattia che, se non curata in modo adeguato, porta inesorabilmente alla totale disabilità nell’80% dei casi. Pochi benefici poi si riscontravano dalla cura tradizionale, basata sul metotrexate, dal momento che circa il 50% dei pazienti non ottiene miglioramenti dal trattamento di prima linea.

Efficacia e dosaggio

“L’efficacia della terapia con metotrexate viene valutata a 3 mesi e poi a 6, per capire il raggiungimento di uno stato di controllo dei sintomi e, possibilmente, di remissione della patologia. Se il paziente non risponde e non ne trae beneficio, è necessario passare a terapie di seconda linea. Baricitinib può essere un’opzione terapeutica in questa tipologia di pazienti. Infatti, l’assunzione quotidiana di una compressa di Baricitinib da 4 mg ha determinato un miglior controllo della malattia, in particolare del dolore, già dalle prime settimane per poi confermarsi dopo 24 e 52 settimane di trattamento” – ha spiegato Roberto Caporali, professore associato di Reumatologia presso l’Università di Pavia e responsabile dell’Early Arthritis Clinic della Fondazione Policlinico San Matteo di Pavia.

Baricitinib inibisce gli enzimi Janus chinasi 1 e 2, molecole intracellulari che modulano i segnali delle citochine infiammatorie responsabili dello sviluppo e della progressione della malattia. Contrariamente ai farmaci biologici, in uso da circa vent’anni diretti verso un singolo bersaglio extracellulare, baracitinib attraversa la parete cellulare e può bloccare contemporaneamente l’effetto di diverse proteine (citochine) pro-infiammatorie.

Altro importante vantaggio per i pazienti è che il farmaco si somministra per via orale, rispetto agli altri che invece prevedono un’iniezione, con un’unica somministrazione giornaliera: la compressa da 4 mg consentirà un controllo maggiore della malattia, tra le 24 e 52 settimane dall’inizio del trattamento l’efficacia aumenta in modo considerevole. La nuova molecola è stata studiata soprattutto per andare incontro alle esigenze dei pazienti intolleranti ai farmaci che vengono comunemente usati per sconfiggere la patologia e per quelli che non riescono ad ottenere miglioramenti.

L’assunzione quotidiano della compressa ha favorito un maggior controllo della malattia (con notevole diminuzione del dolore) già dalle prime settimane, confermatosi poi dopo le 52 settimane (un anno dopo l’inizio del trattamento); ben due studi, pubblicati sulle riviste  «New England Journal of Medicine» e «Annals of Rheumatic Diseases» hanno documentato l’efficacia del medicinale.

“L’arrivo di farmaci che si possono somministrare per via orale agevolerà la vita dei pazienti con un risparmio in ore di lavoro, spostamenti e richieste di supporto a familiari e/o caregiver. Inoltre, una terapia orale è più accettabile perché l’ago fa sempre paura, e proprio per questo motivo spesso il malato non è aderente ai trattamenti iniettivi. Disporre di una compressa ci facilita la gestione della malattia anche negli spostamenti, nei viaggi, sul lavoro, con un vantaggio in termini di qualità della vita” – commenta Silvia Tonolo, presidente di Anmar (Associazione Nazionale Malati Reumatici)

L’approvazione del farmaco si basa sui risultati di quattro studi clinici di fase III su Baricitinib in pazienti affetti da artrite reumatoide attiva da moderata a severa. In tutti gli studi di fase III è stata riscontrata una diminuzione del 20%, 50% e 70% della condizione clinica di partenza, misurata secondo i criteri dell’American College of Rheumatology.

Per approfondire:

1] Baricitinib in Patients with Refractory Rheumatoid Arthritis by Mark C. Genovese, M.D., Joel Kremer, M.D., Omid Zamani, M.D., Charles Ludivico, M.D., Marek Krogulec, M.D., Li Xie, M.S., Scott D. Beattie, Ph.D., Alisa E. Koch, M.D., Tracy E. Cardillo, M.S., Terence P. Rooney, M.D., William L. Macias, M.D., Ph.D., Stephanie de Bono, M.D., Ph.D., Douglas E. Schlichting, M.S., and Josef S. Smolen, M.D. | N Engl J Med 2016; 374:1243-1252 | March 31, 2016 | DOI: 10.1056/NEJMoa1507247

Link: http://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa1507247#t=article

2] “Baricitinib in patients with inadequate response or intolerance to conventional synthetic DMARDs: results from the RA-BUILD study” by Maxime Dougados, Désirée van der Heijde, Ying-Chou Chen, Maria Greenwald, Edit Drescher, Jiajun Liu, Scott Beattie, Sarah Witt, Inmaculada de la Torre, Carol Gaich, Terence Rooney, Douglas Schlichting, Stephanie de Bono, Paul Emery. | ARD Online First, published on November 2, 2016 as 10.1136/annrheumdis-2016-210094

Link: http://ard.bmj.com/content/annrheumdis/early/2016/11/02/annrheumdis-2016-210094.full.pdf