Chi ha a che fare, direttamente o indirettamente, con la sordità sa quanto questa possa risultare invalidante. 1 bambino su 1000, in Italia, già alla nascita presenta questo quadro clinico.
Esistono oltre un centinaio di mutazioni che lo comportano e, forse, un giorno saremo in grado di trattarle. Al momento non ci sono possibilità di intervento, ma un lavoro americano sembra aprire le porte a nuove prospettive per alcuni tra questi pazienti.
Dalla Harvard University arriva un lavoro che getta le basi per ottenere un trattamento efficace per una di queste mutazioni. I professori David Liu e Zheng-Yi Chen sono stati in grado di ripristinare buona parte dell’udito in topi portanti la mutazione del gene Tmc1.
Trattare la sordità con una tecnica come CRISPR/Cas-9, che vi abbiamo presentato in un precedente articolo, fino a pochi anni fa sarebbe suonato come un qualcosa di fantascientifico. I due docenti della Harvard University sono stati in grado di identificare dei topi con una mutazione genetica molto particolare, la quale li rendeva sordi o sin dalla nascita o in breve tempo. Questa fu identificata come una mutazione puntiforme a carico del gene Tmc1 ed i topi vennero indicati con il nome di Bethoveen (Bth/+), in ricordo del celebre compositore che perse l’udito all’età di 30 anni.
La proteina codificata da questo gene rappresenta un elemento imprescindibile nel corretto funzionamento dell’udito, essendo una di quelle alla base della conversione dell’onda sonora in stimolo elettrico.
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La mutazione identificata si manifesta come dominante spegnendo, di fatto, l’allele sano. La caratteristica interessante di questa mutazione è che nell’uomo accade esattamente la stessa cosa con il medesimo effetto. Il 4-8% dei casi di sordità genetica è infatti dovuto all’alterazione del gene Tmc1.
La scelta di affidarsi alla modificazione del genoma piuttosto che alla terapia genica si basa sul fatto che quest’ultima prevede l’aggiunta di una nuova copia del gene funzionante. Il carattere dominante della mutazione, tuttavia, annullerebbe qualsiasi effetto dell’operazione. L’allele mutato avrebbe infatti la capacità di indurre la cellula ad ignorare qualsiasi altro allele codificante per la medesima proteina.
I ricercatori hanno inoltre sfruttato un nuovo meccanismo per trasportare Cas-9 e il filamento di RNA nel punto preciso nel quale agire. Al posto del classico DNA o virus è stato scelto un lipide cationico che, svolta la propria funzione, viene naturalmente distrutto, limitando gli effetti indesiderati. In questo modo si è arrivati a commettere un errore ogni 20 cellule modificate, piuttosto che ogni due come con i metodi precedenti.
Si è notato come nei topi trattati alla nascita con questa tecnica, le cellule acustiche siano state preservate nonostante la mutazione e come i topi potessero reagire a stimoli uditivi molto meglio rispetto al gruppo di controllo, tanto che i topi sono stati in grado di ascoltare suoni di moderata intensità (circa 60 dB).
La strada per la cura di diverse situazioni genetiche sicuramente è ancora lunga e tortuosa, così come è lontana la possibilità di utilizzare questo approccio terapeutico direttamente sull’uomo. C’è ancora tanto da lavorare per produrre i risultati che tutti ci auguriamo, ma la strada sembra essere quella giusta.