“evoCas9”, l’innovativo metodo per modificare il DNA a scopo terapeutico
La tecnica di editing genomico, proposta e sviluppata a Berkley e al Mit di Boston, è stata verificata all’Università di Trento, dove i nuovi studi del Centro di Biologia Integrata hanno garantito affidabilità e sicurezza necessarie nelle applicazioni cliniche in Italia
La tecnica di editing genomico, proposta e sviluppata a Berkley e al Mit di Boston, è stata verificata all’Università di Trento, dove i nuovi studi del Centro di Biologia Integrata hanno garantito affidabilità e sicurezza necessarie nelle applicazioni cliniche in Italia.
Arma di precisione
Non vi sono parole più adatte per descrivere evoCas9, il nuovo metodo per modificare il DNA a scopo terapeutico; la tecnica di editing genomico è stata proposta e sviluppata a Berkley e al Mit di Boston. I nuovi studi del Cibio, il Centro di Biologia Integrata dell’Università di Trento, hanno garantito l’affidabilità e la sicurezza necessarie nelle applicazioni cliniche nel nostro paese.
“In questo momento la nostra evoCas9 è la macchina molecolare migliore al mondo per il genome editing” – dichiara Anna Cereseto, professoressa del Cibio e Senior Author dell’articolo pubblicato su Nature Biotechnology.
Affidabilità garantita
“Abbiamo messo a punto un metodo sperimentale di screening attraverso il quale otteniamo una molecola, che chiamiamo evoCas9, davvero precisa nel cambiare il Dna. È un enzima di affidabilità assoluta, che effettua il cambiamento soltanto nel punto stabilito. La molecola da cui siamo partiti, Crispr/Cas9, sta cambiando la faccia della biomedicina. Si tratta di una ‘macchina molecolare’, fatta della proteina Cas9 e di una molecola di Rna, che raggiunge e taglia uno specifico segmento di Dna, permettendo di modificarne la sequenza” spiega la ricercatrice. Il problema è che questa molecola fa errori sistematici e quando applicata al tentativo di curare malattie non modifica solo il gene o i geni implicati nella patologia, ma agisce su altri siti del Dna causando effetti imprevedibili. Ciò la rende inaccettabile per la pratica clinica” – racconta Anna Cereseto.
“Il genome editing è davvero la scoperta del secolo in medicina, e non solo. Questa invenzione è certo a oggi il contributo più importante che abbiamo dato allo sviluppo di terapie. Mesi fa già il gruppo aveva proposto intelligenti miglioramenti al metodo. Si era parlato di ‘bisturi genomico usa e getta’. Ma con evoCas9 siamo davvero alla differenza fra un utile espediente e un game changer. Grazie a questo studio, che peraltro si integra perfettamente con il precedente, il genome editing può diventare adulto, e il nostro sforzo adesso è far sì che il ritrovato dia frutto, per quanto possibile, in Trentino” – spiega Alessandro Quattrone, direttore del Centro di Biologia Integrata dell’Università di Trento, che ne ha già depositato il brevetto.
Tumori, malattie genetiche, piante, animali
L’applicazione di evoCas9 non si limita soltanto ai tumori ed alle malattie genetiche, sebbene questa forma di editing nasca principalmente per questo; evoCas9 si estende anche ad altri settori non medici in cui il genome editing è essenziale: due validi esempi sono il miglioramento delle piante di interesse alimentare e degli animali da allevamento.
Margine d’errore vicino allo zero
“evoCas9 è stata sviluppata sottoponendo Cas9 a una evoluzione darwiniana in provetta, da qui il nome evoCas9. Cas9 nasce nei batteri, dove la sua imprecisione è un vantaggio perché funziona come una sorta di sistema immunitario contro i Dna estranei che, tagliando qua e là, inattiva meglio il nemico. La nostra intuizione è stata di fare evolvere Cas9 in cellule non batteriche, i lieviti, che sebbene semplici sono molto più vicine a quelle umane. Qui l’abbiamo fatta diventare ciò che ci interessa sia: un cesello che intarsia solo dove deve, un’arma di precisione che colpisce in un punto e risparmia tutto il resto. Questo renderà il suo impiego nella clinica finalmente sicuro” – spiega in merito la Cereseto.
Per approfondire:
Leggi lo studio su Nature Biotechnology: https://www.nature.com/articles/nbt.4066