Perché la vicenda di Christian Greco deve farci riflettere

La vicenda che ha visto protagonista il direttore del Museo Egizio di Torino, a poche settimane dall’election day, la dice lunga circa la considerazione che la classe politica nutre nei confronti dei ricercatori italiani; del resto, come dimostrano i sempre più scarsi fondi destinati alla ricerca, nessun governo ha mosso serie azioni per favorire le nostre eccellenze e ridurre la fuga di cervelli.
Se a questo aggiungiamo che chi intende governarci non sa quali sono i suoi “limiti” (Greco infatti non può essere sollevato dal suo incarico da parte del governo, poiché il museo, dal 2004 e per trent’anni, è di gestione esclusiva della Fondazione Museo delle Antichità Egizie, e perciò i direttori se li nomina, e nel caso destituisce, da solo) allora c’è davvero da preoccuparsi.
In questo articolo non vi è intenzione di attaccare nessun esponente politico, motivo per il quale non si citano partiti e nomi. L’accaduto è ormai storia nota e non ci soffermeremo su di esso, quanto piuttosto sulla figura di Christian Greco, un esempio di umiltà e di determinazione che vale la pena raccontare.

Penso di essere l’unico studente che durante l’Erasmus non si è divertito. Facevo il guardiano di notte.

Christian Greco, crediti: museoradio3.rai.it

Uno studente modello

Arrivò a Leiden, in Olanda, il 7 gennaio del 1997: quello era uno degli inverni più freddi della storia olandese; in quella cittadina universitaria si pattinava sui canali ghiacciati, ma Greco non pattinava affatto: «Sono l’unico che durante l’Erasmus non si è divertito». Il giovane Christian, 21 anni all’epoca, si chiuse in camera a studiare il nederlandese, una delle lingue più difficili del mondo. La determinazione gli valse la sua prima stagione di scavi con l’impegno di pubblicare tutti i materiali metallici raccolti poco distante da Aleppo.

«Complimenti, state per cominciare a studiare la disciplina più bella del mondo, sappiate però che nessuno di voi troverà un lavoro» – gli disse con fredda e sincera ironia René Van Walsen, suo docente, durante la prima lezione. Greco tuttavia non si è lasciato scoraggiare; faceva le pulizie nei bagni pubblici della stazione ed ha lavorato poi come guardiano di notte all’hotel Ibis: «Con turno di notte nel fine settimana. Tornavo a casa alle 7 del mattino, facevo la doccia, e andavo di corsa in aula. Ho imparato la dignità del lavoro, qualunque esso sia. Ho imparato che è importante chi sei, non cosa fai. Io sarò sempre un egittologo, anche se dovessi tornare a servire birra in un bar, e non certo perché oggi ho un ruolo».

Al concorso internazionale per cercare un nuovo direttore dell’Egizio arrivarono 101 candidature, equamente divise tra italiani e stranieri; a pochi giorni da scelta, un membro della commissione indipendente incontrò la presidente Evelina Christillin, dicendole: «Ne abbiamo trovato uno che forse non ha l’età, ma è un fenomeno». «E allora prendetelo, se potete» – fu la risposta. E la scelta si dimostrò giusta.

Il lavoro svolto da Greco al Museo Egizio di Torino si traduce con una cifra: un milione di visitatori. Quello torinese è il museo più antico del mondo, addirittura più “anziano” di quello de Il Cairo. 9,5 milioni di euro d’incasso con un ricavo netto di 810.000 euro, investiti in quattro fondi per altrettanti progetti, dalla digitalizzazione degli archivi al progetto di «Public archeology» per rendere condiviso il proprio patrimonio. «Io credo ai musei come centri di ricerca, come agorà aperta, capaci di programmare e di crearsi nuove possibilità di crescita» – ha raccontato una volta Greco.

La Biblioteca “Silvio Curto” costituisce un supporto all’attività di ricerca scientifica del Museo Egizio ma la consultazione è aperta a tutti. Non è previsto alcun tipo di prestito esterno dei volumi, consultabili unicamente in loco. Fatte salve le leggi vigenti e le esigenze di conservazione, gli utenti possono, inoltre, ottenere riproduzioni dei documenti in formato sia cartaceo sia digitale, secondo tariffe stabilite. A disposizione del pubblico vi è poi un PC da cui accedere gratuitamente ad alcune risorse elettroniche. Crediti: museoegizio.it

Fuga di cervelli? Fu inevitabilmente necessaria

«Quando all’università di Pavia mi proposero di andare a Leiden, pensavo fosse in Germania. Ma se fossi rimasto in Italia non credo che sarebbe stato possibile fare quel che ho fatto. Dove sono i giovani? Dove sono le loro possibilità? Investiamo ancora troppo poco in ricerca. A 34 anni divenni direttore del Museo Nazionale di Leiden, il mio successore ne ha 32. Ci sono stato la scorsa settimana. Ho incontrato sei ricercatori italiani. Non siamo più un polo d’attrazione, e non solo per l’egittologia. Mi chiedo spesso cosa spinge le persone a fare migliaia di chilometri e tre ore di fila per vedere reperti di 4-5.000 anni fa perfettamente conservati. La mia risposta è che l’Egitto ci comunica il senso dell’immortalità, perché la sua civiltà è stata capace di superare la caducità umana e i limiti del tempo».

Su cosa dobbiamo riflettere?

Innanzitutto che non è vero che chi lascia l’Italia per poi tornare e magari mettere in pratica quanto appresso è un “disertore” o un “buono a nulla che non vuole rimboccarsi le maniche” come sostiene qualcuno. Che dobbiamo avere maggiore rispetto per chi si è “costruito” da solo, con impegno e sacrificio, e senza raccomandazione alcuna. Lasciamo che chi è capace, a prescindere dall’età anagrafica, eserciti la sua professione e cerchiamo piuttosto di agevolarlo, sostenendo dunque le eccellenze italiane con fondi all’altezza del loro potenziale.

La storia di Greco è stata raccontata dal Corriere della Sera ed è rimbalzata sui principali quotidiani e tabloid.

Published by
Antonio Piazzolla