E’ davvero più vantaggioso far battere una punizione lunga ad un difensore alto? Per rispondere a questa domanda, cominciamo con l’osservare che, analizzando il gesto atletico del calciare un pallone (fermo), la gamba umana si comporta approssimativamente come un oggetto ben noto in fisica, il pendolo doppio: il primo pendolo è la coscia che ruota attorno al perno dell’anca, il secondo è costituito dal resto della gamba (lo stinco), che ha il suo perno nell’articolazione del ginocchio.
Durante l’esecuzione di un tiro, si possono distinguere 4 fasi, nel corso delle quali la velocità angolare della coscia (attorno all’anca) e dello stinco (attorno al ginocchio) variano nel tempo nel modo illustrato in figura.
All’inizio (fase 1) la gamba, piegata all’altezza del ginocchio (con un angolo piuttosto accentuato), viene “caricata” come se fosse una molla, spingendola all’indietro e verso l’alto, con il piede che giunge più o meno all’altezza della natica. Poi la coscia inizia a ruotare in senso antiorario, portandosi verso il basso (fase 2), con una velocità che inizialmente aumenta. Spinto dalla coscia, tra la fase 2 e la fase 3, lo stinco si muove con una velocità simile a quella della medesima, conservando quasi intatto l’angolo del ginocchio. Tuttavia, lo stinco è soggetto ad una forza centrifuga non trascurabile che lo spinge verso l’esterno, portandolo a ruotare attorno al ginocchio con una velocità che continua ad aumentare anche quando quella della coscia (vero motore dell’azione) comincia invece a diminuire (fase 3). Si tratta del cosiddetto “effetto fionda”, che si verifica quando un oggetto trattenuto in rotazione viene liberato dal vincolo e acquista una velocità maggiore di quella del vincolo stesso (come se fosse un proiettile lanciato da una fionda). Nel momento in cui la gamba si distende completamente (all’inizio della fase 4), lo stinco raggiunge la sua velocità angolare massima: in tale istante, la velocità angolare del piede è pari a circa tre volte quella del ginocchio. E’ esattamente questo il momento clou in cui il pallone andrebbe colpito, dato che dopo anche lo stinco inizia a perdere velocità.
Sincronizzare perfettamente i movimenti non è affatto facile e richiede un duro e intenso allenamento. Subito dopo l’impatto, la velocità acquisita dal pallone dipende dalla velocità tangenziale del piede, che è uguale al prodotto della velocità angolare per la lunghezza dello stinco. Ne segue che, a parità di velocità angolare, una tibia più lunga dà luogo ad un tiro più veloce. Questo però non implica che solo giocatori alti possano tirare una bordata.
Un calciatore di statura media può compensare la minore lunghezza della tibia e la minore massa efficace della gamba (la massa, cioè, che effettivamente entra nell’espressione dell’energia cinetica trasferita al pallone) con un tempismo perfetto tra l’istante in cui la gamba è completamente distesa e quello dell’impatto con la palla, oppure aumentando la velocità di rotazione dello stinco (cosa che le persone non troppo alte riescono a fare più facilmente). Se poi il giocatore non è troppo alto ma possiede comunque una tibia relativamente lunga, tanto meglio. Tutto sommato i bolidi di Roberto Carlos, alto “solo” 168 cm, non erano di certo meno spettacolari di quelli di Mihajlovic (185 cm) o di Adriano (189 cm).