Viperina e ddhCTP: la nostra difesa naturale contro i virus
Un recente studio proveniente dalla Penn State University, USA, descrive come, un enzima presente nei mammiferi, in particolare nell’uomo, possa essere un valido strumento per inibire la replicazione virale.
I virus e la loro attività
I virus sono particelle infettive costituite da un genoma (RNA o DNA, a doppio o singolo filamento) racchiuso un un involucro proteico. E vengono definiti parassiti intracellulari obbligati perché possono replicarsi solo all’interno di una cellula infettata, di cui sfruttano il macchinario metabolico e riproduttivo. L’infezione inizia dunque quando il genoma virale viene iniettato all’interno della cellula ospite e ne prende il controllo: in sostanza, il genoma virale riprogramma la cellula per copiare i geni virali (LeScienze.it).
Il genoma virale viene quindi replicato grazie alle macchine molecolari di replicazione presenti nella cellula eucariotiche. Tuttavia, esistono virus che portano nel loro capside alcuni enzimi utili ad alcune attività di replicazione ed inserimento nel genoma eucariotico. Gli enzimi virali mostrano attività diverse rispetto a quelle eucariotiche, e proprio grazie a queste differenze è stato possibile realizzare farmaci antivirali.
I virus usano quindi tutte le molecole presenti nella cellula eucariotica per replicare il proprio materiale genetico. Primi fra tutti i nucleotidi, i mattoni che costituiscono il DNA e RNA.
La scoperta dei ricercatori
Craig Cameron, professore di biochimica e biologia molecolare della Penn State e coautore dello studio afferma che lo studio ha rivelato che l’enzima Viperina catalizza un’importante reazione che dà come risultato la creazione di una molecola chiamata ddhCTP, che interferisce con i meccanismi di replicazione virale. Quest’azione è simile a quella dei farmaci sviluppati per trattare l’HIV e il virus dell’epatite C. Il team si augura che, grazie a una migliore conoscenza di come la viperina previene la replicazione, di riuscire a progettare antivirali migliori.
La molecola ddhCTP interviene meccanismo con i cosiddetti “analoghi nucleotidici”. In questo modo, impedisce a un enzima chiamato RNA polimerasi di aggiungere nuovi nucleotidi alla catena che il virus vorrebbe formare per replicarsi.
Il ddhCTP sarebbe infatti un analogo del CTP molecola impiegata nella formazione del filamento. La modificazione chimica del CTP vede lo rende incompatibile con la stabilità della sequenza nucleotidica e quindi risulta impossibile la formazione delle proteine fondamentali per la realizzazione del capside virale.
Possibilità per il futuro
L’entusiasmo suscitato da questa scoperta, oltre al suo contenuto assolutamente inedito, è dovuto anche al fatto che essendo la ddhCTP una molecola naturalmente già prodotta dal nostro organismo, la generazione di farmaci che si basino su questo lead compound (prototipo molecolare) potrebbe portare alla nascita di principi attivi non solo particolarmente efficaci ma soprattutto a bassissima tossicità: i nucleotidi artificiali antivirali attualmente in uso infatti sono spesso connotati da spiacevoli effetti collaterali, a volte anche molto marcati (Microbiologiaitalia.it).
Cameron e colleghi hanno dimostrato che la ddhCTP è in grado di inibire la RNA polimerasi nella famiglia dei flavivirus: virus Dengue (una febbre tropicale), virus del Nilo occidentale (un’altra febbre originaria dell’Africa) e in particolare del virus Zika (responsabile di microcefalia congenita di nati da donne infettate in gravidanza).
Fonti: Nature.com