Premio Nobel per la chimica grazie all’evoluzione degli enzimi
Il premio Nobel per la chimica del 2018 è stato assegnato a tre scienziati che hanno sviluppato tecniche per seguire l’evoluzione di enzimi e proteine:
La metà del premio andrà a Frances Arnold del California Institute of Technology, Stati Uniti che per prima ha dimostrato l’evoluzione diretta degli enzimi, un approccio che è stato utilizzato per creare nuovi catalizzatori biologici per importanti reazioni chimiche, comprese quelle utilizzate per sintetizzare nuovi farmaci e combustibili più ecologici.
L’altra metà sarà divisa tra George Smith dell’Università del Missouri, Stati Uniti e Gregory Winter dal MRC Laboratory of Molecular Biology nel Regno Unito che hanno sviluppato una tecnica chiamata “phage display”, in cui un batteriofago, un virus che infetta i batteri, può essere utilizzato per lo sviluppo di nuove proteine e farmaci.
Frances Arnold: l’evoluzione diretta degli enzimi
Per la quinta volta nella storia, il Nobel per la Chimica (2018) è stato assegnato a una donna: Frances Arnold, 62 anni, è una scienziata e ingegnere americana. Ha sperimentato metodi di evoluzione diretta per creare sistemi biologici inclusi enzimi, percorsi metabolici, circuiti di regolazione genetica e organismi.
Per diversi anni, aveva provato a modificare un enzima chiamato subtilisina in modo tale da funzionare in un solvente organico, ovvero la dimetilformammide (DMF), oltre che in quello acquoso.
Attraverso delle mutazioni nel codice genetico dell’enzima, e in seguito all’introduzione di questi geni mutati in batteri, sono stati prodotti migliaia di diverse varianti di subtilisina.
La sfida era scoprire quale di queste varianti funzionasse meglio nel solvente organico utilizzato.
Frances Arnold ha sfruttato il fatto che la subtilisina rompe la proteina del latte, la caseina. Quindi ha selezionato la variante di subtilisina più efficace nella scomposizione della caseina in una soluzione con 35% di DMF. Successivamente ha introdotto nuovamente un nuovo ciclo di mutazioni in questa subtilisina, che a sua volta ha prodotto una nuova variante che funzionava ancora meglio in ambiente organico.
Nella terza generazione di subtilisina ha trovato una variante che ha funzionato 256 volte meglio in DMF rispetto a l’enzima originale. Questa variante dell’enzima aveva una combinazione di dieci diverse mutazioni.
Con questo, Frances Arnold ha dimostrato l’efficacia dell’evoluzione diretta degli enzimi per la creazione di nuovi catalizzatori biologici.
Ora il suo gruppo di ricerca ha sviluppato enzimi in grado di trasformare zuccheri semplici in isobutanolo, una sostanza ricca di energia che può essere utilizzata per la produzione di biocarburanti e di materie plastiche più ecologiche.
George P. Smith e Gregory P. Winter: il Phage Display
L’altra metà del premio è stato invece condivisa tra George P. Smith e Gregory P. Winter. Lo statunitense George P. Smith ha 77 anni ed è il pioniere di un altro tipo di ricerca che sfruttano l’evoluzione per produrre in questo caso farmaci.
Nel 1985 ha infatti messo a punto un metodo, chiamato “phage display” che sfrutta i processi utilizzati dai virus per infettare i batteri e li usa per produrre nuove proteine. E proprio grazie a questo metodo l’inglese Gregory Winter (67 anni) all’Università di Cambridge è riuscito ad ottenere nuovi anticorpi da utilizzare in diverse terapie.
Questa tecnologia si basa su un collegamento diretto tra fenotipo dei fagi e il suo genotipo incapsulato, che porta alla formazione di una moltitudine di diverse proteine sulla superficie dei fagi.
Le tecniche che derivano dalla phage display sono state applicate nella medicina trasfusionale, nei disturbi neurologici, nella mappatura degli indirizzi vascolari e all’homing tissutale dei peptidi. I fagi sono stati applicati inoltre nelle terapie di immunizzazione, che possono portare allo sviluppo di nuovi strumenti utilizzati per il trattamento di malattie autoimmuni e tumorali.