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Università: numero chiuso? Non è ancora tempo di dirsi addio

Non sparirà il numero chiuso, non da un anno all'altro

ph. milano.corriere.it

Il numero chiuso resterà in vigore per i corsi di laurea in Medicina e Chirurgia: almeno per i prossimi anni.
Nel comunicato del Consiglio dei Ministri, disponibile qui, si legge:

 “Si abolisce il numero chiuso nelle facoltà di Medicina, permettendo così a tutti di poter accedere agli studi”.

Fin da subito la notizia è rimbalzata su tutti i giornali e l’hashtag #Medicina è impazzato su Twitter. Innumerevoli sono infatti le discussioni su questo tema che ogni anno balzano all’attenzione dell’opinione pubblica in prossimità dello svolgimento dei test. Sarebbero davvero sufficienti due righe per mettere tutto a tacere? Ovviamente la risposta è no.

Possono dormire sereni i rettori e docenti; almeno per i prossimi anni non saranno costretti ad affrontare una situazione effettivamente di difficile soluzione.

Cosa ne pensano i Ministri?

A stemperare gli animi sono dovuti intervenire nella vicenda i Ministri della Sanità, Giulia Grillo, e dell’Istruzione, Marco Bussetti. In un comunicato congiunto i Ministri indicano infatti la volontà di aumentare progressivamente il numero dei posti per i futuri camici bianchi così come il numero delle borse da assegnare ai futuri specializzandi. Certamente, dicono, non si potrà pensare di eliminare tout court il test di ammissione. Per arrivare infatti al superamento del quiz di selezione occorreranno, nella migliore delle ipotesi, diversi anni.

Anche il vice-premier Salvini è intervenuto con queste parole:

“Io sono da sempre contrario al numero chiuso nelle facoltà scientifiche. C’è bisogno di ingegneri e medici”.

I pro e i contro del test

Nel corso degli anni il numero chiuso, soprattutto per quanto riguarda il corsi di laurea in Medicina e Chirurgia, ha fatto molto discutere. Test sì? Test no? È giusto selezionare i futuri medici in questa forma?

Al di là dei pareri personali di ciascuno, le posizioni delle Università sono ben chiare. I test servono. Servono perché al momento non è sostenibile un anno accademico dove si passi da dieci mila iscritti a 67 mila (il numero dei candidati del 2018), né dal punto di vista logistico né dal punto di vista del corretto svolgimento delle attività didattiche soprattutto ospedaliere.

La situazione, però, è molto più complessa di così. In Italia mancano medici. Soprattutto alcuni tipi di medici. Sempre più spesso si sente di concorsi negli ospedali che vanno deserti o che vedono meno candidati dei posti messi a disposizione. Per non parlare del fatto che l’Italia è uno dei Paesi con la classe medica più anziana d’Europa.

Il test di ammissione così come è strutturato presenta delle lacune importanti e non garantisce in alcun modo la selezione dei più meritevoli. È un dato di fatto. Ogni anno si assiste ad un concorso che viene reso vano dalla presenza di falle legali che danno vita ad una moltitudine di ricorsi.

Certamente questo numero chiuso è da modificare, nell’obiettivo di raggiungere il suo superamento. Per fare questo servono risorse. Tante. Saranno necessari interventi di potenziamento delle Università e degli Ospedali, ma se si vuole dare una speranza ai giovani bisogna investire, e farlo nelle cose giuste.