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Produrre elettricità grazie ad un fungo “bionico”

Grazie a dei “capillari” di grafene, realizzati con la stampa 3D e applicati accanto alla rete di alghe, i ricercatori sono riusciti a immagazzinare gli elettroni rilasciati dai batteri durante la fotosintesi

Fungo bionico

Fungo bionico, crediti: AMERICAN CHEMICAL SOCIETY

Una rete di alghe azzurre (cianobatteri), realizzata con la tecnica della Stampa 3D, distribuita sulla superficie di un comunissimo champignon, mentre dei ‘capillari’ di grafene immagazzinano la corrente elettrica. Si tratta dell’esperimento realizzato da un gruppo di ricerca dello Stevens Institute of Technology del New Jersey, coordinato dai ricercatori Manu Mannoor e Sudeep Joshi. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nano Letters.

Non è una novità del resto, e non c’è da stupirsi più di tanto perché in natura esistono molti organismi capaci di interagire l’uno con l’altro, alcune volte stabilendo una relazione di simbiosi di cui beneficiano entrambi. Proprio per questo, i ricercatori hanno voluto realizzare una simbiosi artificiale tra i funghi e le alghe azzurre: in questo tipo di simbiosi, i funghi forniscono un riparo, umidità e nutrimento alle alghe, mentre quest’ultime donano ai funghi l’energia necessaria per la fotosintesi.

Energia green: dai Led alla bioluminescenza

In questo contesto vediamo l’applicazione del grafene, il materiale rivelazione di questo decennio: grazie a dei “capillari” di grafene, realizzati con la stampa 3D e applicati accanto alla rete di alghe, i ricercatori sono riusciti a immagazzinare gli elettroni rilasciati dai batteri durante la fotosintesi, producendo così bio-elettricità. Inutile sottolineare che la corrente, generata da un singolo fungo, non è sufficiente ad alimentare un apparecchio elettronico; tuttavia una serie di funghi bionici potrebbe produrne abbastanza per accendere una luce a Led e la stampa 3D troverebbe applicazione con altre specie di batteri per svolgere funzioni utili, come la bioluminescenza.

“Per la prima volta abbiamo dimostrato che un sistema ibrido può incorporare una simbiosi artificiale tra due diversi regni microbiologici” – commenta Sudeep Joshi, uno dei coordinatori del team di ricerca. “Un risultato che permette di immaginare enormi opportunità per la prossima generazione di applicazioni bio-ibride come batteri che possono brillare, sentire le tossine o produrre carburante” – conclude l’altro coordinatore, Manu Mannorr.

Per approfondire:
[1] “Bacterial Nanobionics via 3D Printing” – Nano Letters