L’immunoterapia oncologica sta vivendo uno dei periodi più floridi della sua storia. I progressi sono all’ordine del giorno ei risultati sotto gli occhi di tutti. Gli ultimi dati in questo campo sono stati presentati al XX congresso dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) dal Prof. Franco Locatelli, direttore del Dipartimento di Onco-Ematologia e Terapia Cellulare e Genica dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma. Questi riguardano gli sviluppi di un trial accademico che sfrutta le CAR-T cells per combattere una neoplasia dell’età infantile: il Neuroblastoma.
Si tratta dei primi importanti risultati nell’utilizzo di questa tecnica nella lotta ad un tumore solido. Le CAR-T cells si sono già dimostrate efficaci nel trattamento di altre neoplasie ematologiche tra cui la Leucemia Linfoblastica Acuta e il Linfoma Non-Hodgkin a grandi cellule B dell’adulto. Tuttavia queste presentano minori difficoltà dal momento che i bersagli sono più facilmente raggiungibili.
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Il neuroblastoma è il tumore solido più frequente nei bambini, con età media alla diagnosi di circa 2 anni. È responsabile di circa l’11% delle morti per cancro in pazienti al di sotto dei 15 anni ed è un tumore che colpisce il Sistema Nervoso Periferico; come indica il nome sono coinvolti sia i nervi sia cellule immature o in via di sviluppo. Circa un terzo di queste neoplasie origina dalle ghiandole surrenali, gli organi deputati alla produzione di mineralcorticoidi, glucocorticoidi e catecolamine. Altre sedi frequenti sono anche i gangli addominali e paravertebrali del sistema simpatico.
La clinica di questo tumore è molto varia, così come la sua prognosi. Inizialmente i sintomi sono aspecifici (febbre, astenia, sudorazione) per poi evolvere man mano in quadri più indicativi di neuroblastoma. Questi, chiaramente, dipenderanno dalla localizzazione anatomica del tumore che, come detto, è tutt’altro che fissa.
Le variabili che determinano la prognosi sono moltissime. Lo stadio al quale viene individuato il tumore, la sua estensione, la presenza di metastasi e il ritrovamento di specifiche mutazioni genetiche (mutazione dell’oncogene MYCN, tanto per fare un esempio) sono solo alcune. Si passa, perciò da una sopravvivenza a 5 anni di oltre il 90% nel caso di un neuroblastoma al primo stadio, per arrivare a meno del 10% in caso di uno stadio 4 che abbia mutazioni particolari.
Iniziato lo scorso Febbraio, il trial accademico condotto dal Prof. Locatelli all’Ospedale Bambino Gesù inizia a fornire risultati incoraggianti. I primi 8 bambini selezionati, affetti da forme molto aggressive di neuroblastoma metastatico e/o recidivo dopo trattamenti convenzionali, hanno mostrato miglioramenti nella storia della malattia.
Come ha spiegato in occasione del congresso il professore, si tratta di risultati molto importanti. Questi sono la testimonianza delle potenzialità che può avere l’utilizzo delle CAR-T cells. La grande difficoltà nell’affrontare un tumore solido è quella di riuscire ad individuare il bersaglio da indicare ai linfociti T geneticamente modificati e di fornire loro un’energia sufficiente per penetrare all’interno della massa tumorale.
Con alcuni accorgimenti tecnici, creando delle CAR-T cells di terza generazione. Queste le parole del Prof. Locatelli a La Repubblica:
“Abbiamo ulteriormente perfezionato l’approccio inserendo nel costrutto, nella sequenza genica con cui modifichiamo i T linfociti di un paziente, un’ulteriore sequenza di DNA Abbiamo ipotizzato che inserendo due sequenze che producono proteine che esaltano la funzione dei T linfociti, i medesimi sarebbero stati più capaci di svolgere la loro azione distruttiva nell’ambito di neoplasie solide dove il microambiente tumorale, di per sé, tende a depotenziare la risposta immunitaria contro il tumore medesimo”.
Per approfondire:
AIRC: neuroblastoma
Ospedale Bambino Gesù: Cos’è il neuroblastoma