Il mondo della ricerca è costantemente attivo. Soprattutto in campo oncologico. Oggi le varie forme tumorali sono una delle sfide più grandi che i ricercatori si trovano ad affrontare. Nessun tumore è uguale all’altro. Alcuni lasciano buone speranze di sopravvivenza, altri sono come una sentenza. L’oggetto di una nuova ricerca italo-americana è parte di questa seconda categoria.
Il Mesotelioma Pleurico Maligno è una patologia aggressiva e contro la quale, oggi, non si può fare molto. I ricercatori hanno individuato due molecole che potrebbero aprire una possibile strada verso un miglioramento.
Il Mesotelioma Pleurico Maligno è un tumore che colpisce la pleura, ovvero quella membrana posta a contorno di ciascun polmone. Una forte esposizione all’amianto rappresenta sicuramente il principale fattore di rischio per questa patologia. Per comprendere bene il problema, si pensi che in Italia sono prodotte, tra il 1945 e il 1992, ben 3.748.550 tonnellate di amianto e quasi altri due milioni di tonnellate sono state importate nello stesso periodo.
Il Registro Nazionale Mesotelioma (ReNaM) è stato istituito proprio nel 1992 per monitorare il corso delle patologie amianto correlate, per le quali l’Italia si colloca ai primissimi posti nel mondo.
L’ultimo rapporto ReNaM, del Novembre 2018 con i dati relativi al 2015, ha rilevato circa 1495 nuovi casi di mesotelioma ogni anno nel triennio 2012-2015.
Un’incidenza non proprio insignificante è affiancata da un dato molto sconfortante. La sopravvivenza media a questo tumore è di circa 9 mesi dalla diagnosi e solo il 5% dei pazienti è vivo dopo 5 anni.
Nei prossimi anni è previsto un aumento dell’incidenza di Mesotelioma Pleurico. Questo perché si tratta di una patologia che si manifesta molti anni, anche decenni, dopo le esposizioni all’asbesto.
I dati che abbiamo riportato fanno ben capire l’importanza di una ricerca in questo campo. Una ricerca difficile e lunga, certo, ma che potrebbe portare a risultati salva vita per moltissimi pazienti.
In questa direzione va lo studio apparso sull’importante rivista “Proceedings of the National Academy of Science” (PNAS) a cura di ricercatori dell’Università di Torino e di quella di Miami.
Durante il lavoro sono state testate contro il MPM due molecole, chiamate MIA-602 e MIA-690, che sono degli antagonisti dell’ormone che induce il rilasciamento del GH (GHRH). Queste si sono dimostrate in grado, come si legge nel paper, di “ridurre la sopravvivenza, la proliferazione e la motilità delle cellule di Mesotelioma Pleurico Maligno umano” durante la sperimentazione in vitro e di ottenere risultati positivi in quella in vivo su cavie.
Già da oltre dieci anni si è cominciato a testare questo tipo di molecole contro diverse neoplasie (come i tumori gastrici) con esiti anche promettenti. Grazie alla nuova ricerca italo-americana, però, si è aperta una porta su una possibile efficacia contro il Mesotelioma Pleurico Maligno.
Il GHRH è un ormone secreto dall’ipotalamo. La sua funzione principale è quella di stimolare l’ipofisi, un’altra ghiandola neuroendocrina, a produrre GH, ovvero l’ormone della crescita. Ma questa non è di certo l’unica. Questo ormone, infatti, è capace di indurre una forma di cardio protezione, di rigenerare delle strutture pancreatiche ed ha anche funzione di prevenire la morte programmata di alcune cellule.
Proprio per la sua funzione anti apoptotica e di fattore di crescita il GHRH è una sostanza molto utile alle cellule, che presentano una quota maggiore di una specifica forma di recettore: SV1.
Questo recettore rappresenta il bersaglio delle molecole in studio. L’idea è che le cellule sane possano risentire in misura minore del blocco di SV1 perché dispongono di una buona quantità di altri recettori per GHRH. Le cellule tumorali, invece, esprimendo soprattutto SV1 verrebbero private di un importante fattore di crescita.
Purtroppo dobbiamo dire di no. “Presto” nella ricerca è un concetto difficile da definire. Come riportano le linee guida AIOM del 2018, ad oggi la linea terapeutica è quella chirurgica (ove possibile) o quella chemio e radioterapica. Non sono disponibili farmaci biologici approvati per trattare questa forma di neoplasia e le molecole antagoniste del GHRH si trovano solo in uno stadio pre-clinico.
Per quanto sia vero che i risultati delle due molecole in studio siano promettenti, ciò non toglie che la strada verso un potenziale farmaco sia lunga e complessa.
Fonti ed approfondimenti: