Home » Un approccio diverso alla chemioterapia

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Quando qualcosa non va, a volte, può essere utile cambiare il proprio punto di vista. Nella pratica clinica di tutti i giorni, chi ha avuto esperienze dirette lo sa bene, la chemioterapia consiste nell’assunzione di dosi molto importanti di farmaci. L’intento è quello di distruggere quelle cellule che si trovano in fase di divisione e le cellule tumorali, dal momento che si replicano molto rapidamente, sono le prime ad essere colpite.

Tutto ciò non è sufficiente. Nonostante tutti i progressi della ricerca oncologica ancora troppe volte usciamo sconfitti dalla battaglia.

Un diverso punto di vista

Fin dagli inizi degli anni ’90 del secolo scorso si iniziò a cercare un nuovo punto debole dei tumori. Un qualcosa che, se efficacemente colpito, potesse mettere in discussione la sopravvivenza del tumore stesso.

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Nel 1991 il Prof. Kerbel, all’epoca in forze presso il Sunnybrooke Health Science Center, indicò l’angiogenesi (la formazione di nuovi vasi sanguigni) come possibile bersaglio. Nelle idee del professore bloccare il flusso di nutrienti alle cellule tumorali avrebbe potuto indurne la morte.

Agli inizi del duemila due studiosi, Klement e Browder insieme ai loro gruppi di ricerca proposero un modo per bloccare l’angiogenesi tumorale. Utilizzare dei farmaci già a disposizione in modo completamente diverso.

La chemioterapia classica, infatti, è basata sulla somministrazione di dosi di farmaci intorno alla massima dose tollerata (DMT) una volta ogni due/quattro settimane. Proprio per consentire al paziente di riprendersi dal colpo subito c’è la necessità di far trascorrere alcune settimane tra una somministrazione e l’altra e questo ha delle conseguenze. Gli effetti collaterali sono spesso severi e le resistenze si sviluppano non di rado.

L’approccio proposto da Klement e Browder si basa sull’uso degli stessi farmaci ma in modo opposto. Dosi piccole, fino a 1/10 della DMT, in modo continuo, quotidiano e per un lungo periodo. Qualche tempo dopo il Prof. Hanahan coniò il termine chemioterapia metronomica, da metronomo.

Come funziona la chemioterapia metronomica?

Se inizialmente si studiava l’interferenza con l’angiogenesi negli ultimi decenni sono stati identificati diversi meccanismi di azione di questo tipo di chemioterapia. Si va da un’azione diretta sul sistema immunitario all’induzione di una sorta di addormentamento del tumore per arrivare a quello che è stato definito effetto 4D.

Fonte: Nature

Le cellule tumorali sono in grado di ingannare il sistema immunitario riducendo la capacità dell’organismo di difendersi. Si è visto che nel sangue dei pazienti oncologici ci sono un numero elevato di linfociti T regolatori, un tipo particolare di globuli bianchi in grado di sopprimere la reazione immunitaria. Con l’utilizzo della chemioterapia metronomica l’attività di queste cellule viene limitata in modo da permettere ai vari linfociti T helper e citotossici di svolgere a pieno i propri compiti.

Questo tipo di chemioterapia porta il tumore ad una sorta di letargo. Si tratta di un periodo, più o meno lungo, nel quale la proliferazione e la morte cellulare sono in perfetto equilibrio, non consentendo alla massa di espandersi.

L’effetto 4D è forse il meno intuitivo. Nel tempo le cellule tumorali possono diventare dipendenti dalla presenza di una data molecola nel circolo sanguigno. Se improvvisamente questa molecola sparisce perché sostituita con un altro farmaco le cellule neoplastiche subiscono uno shock tale da portarle a morte.

A che punto è la ricerca in questo campo?

Studi clinici di fase due sono in corso e i risultati sono incoraggianti nel trattamento di diversi tipi di tumore, come quello al seno o quello prostatico. Non sono ad oggi disponibili risultati di trials di fase tre.

Sarà necessario approfondire l’argomento per più di una ragione. Ad oggi, infatti, la scelta delle dosi e dei farmaci resta empirica e riuscire a standardizzare una terapia di questo tipo è tutt’altro che semplice. Inoltre anche questa forma di chemioterapia non è scevra da effetti collaterali: pur restando molto più tollerabile degli attuali protocolli terapeutici, la chemioterapia metronomica può non dare al paziente il tempo di smaltire efficacemente i farmaci. Questo potrebbe portare ad un accumulo di sostanza nell’organismo con effetti indesiderati importanti.

I futuri studi dovranno essere progettati per capire come poter sfruttare al meglio le carte a nostra disposizione, individuando passo dopo passo le migliori strategie per mettere in difficoltà uno dei grandi mali del nostro tempo.

 

Fonti ed approfondimenti: