Ieri, 17 Aprile 2019, sull’autorevole rivista Nature è apparso un articolo al quanto scioccante. “Ripristino della circolazione cerebrale e delle funzioni cellulari ore dopo la morte”, questo il suo titolo. Trentadue cervelli di maiale sono stati tenuti in attività ore dopo la morte dell’animale, dimostrandosi in grado di mantenere un certo grado di attività.
I ricercatori della Yale School of Medicine hanno agganciato gli organi ad un sistema di circolazione esterna in grado di sostituire la circolazione sanguigna. Questa tecnica ha permesso di ripristinare alcune funzioni fondamentali delle cellule cerebrali, come la capacità di produrre energia consumando zuccheri e producendo anidride carbonica.
Nei pressi dei laboratori della Yale University c’è un mattatoio. Il Dott. Sestan ed il suo team hanno prelevato da qui le teste di 32 maiali destinati al macello ed hanno estratto, mantenendo intatte tutte le strutture, i cervelli dagli scalpi.
Successivamente gli studiosi sono stati in grado di sviluppare un sistema di perfusione pulsatile che consente ad una soluzione di circolare attraverso i vasi sanguigni. Questa soluzione acellulata è costituita da emoglobina ed è incapace di coagulare, ecogena e citoprotettiva.
Nelle sei ore successive i ricercatori hanno potuto osservare il mantenimento delle strutture cellulari, una diminuzione della morte cellulare e la restaurazione di attività sinaptiche spontanee, oltre ad un attivo metabolismo cerebrale.
Sebbene i neuroni si siano dimostrati in grado di condurre uno stimolo elettrico trasmesso dall’esterno, il team di ricercatori non ha rilevato una coordinazione nella scarica dei potenziali d’azione. I neuroni non hanno dunque mostrato nessun segno di coscienza.
I ricercatori non escludono che sia possibile compiere anche questo passo. Infatti non si è provato a sottoporre i cervelli ad elettroshock o a lunghi periodi di trattamento con la soluzione ideata.
Sestan ed il suo team non hanno intenzione, almeno nel breve periodo, di tentare questo tipo di studio.
Siamo ancora più lontani dall’approdo di queste tecniche sull’uomo. Le difficoltà tecniche ed etiche appaiono, infatti, ad oggi insormontabili.
Il confine vita-morte è un argomento sempre delicato, soprattutto quando lo si affronta nell’ottica dei trapianti. Oggi è possibile considerare una persona defunta in presenza della morte cerebrale, ovvero del cosiddetto elettroencefalogramma piatto. Queste persone, cerebralmente morte, vengono tenute in vita in unità di terapia intensiva e sono candidabili all’espianto di organi.
Se tecnologie come BrainEx venissero portate avanti e sviluppate per l’utilizzo sull’uomo persone giudicate cerebralmente morte potrebbero diventare candidati alla “resurrezione cerebrale” piuttosto che alla donazione di organi.
Con il progredire delle conoscenze sarà sempre più complesso individuare quelle che sono delle terapie inutili al fine di salvaguardare la vita di una persona. Sarà possibile magari ripristinare alcune funzioni cerebrali, ma siamo ovviamente lontanissimi da quel famoso “Si può fare!”.
Sicuramente questo studio apre le porte a numerosi dibattiti anche di carattere etico. Fino a che punto la scienza può spingersi?
È giusto tentare di ripristinare la coscienza in un organo espiantato dal proprio corpo? E tentare di riportare in vita una persona dichiarata morta?
Fonti ed approfondimenti:
Restoration of brain circulation and cellular functions hours post-mortem;
Pig experiment challenges assumptions around brain damage in people.