Soprattutto d’estate, ci può capitare di osservare ragni o altri piccoli insetti fermi sulla superficie dell’acqua di un lago o di uno stagno, come se fossero sostenuti da un sottile foglio di gomma. Come mai non affondano? I bambini nati prematuri possono soffrire di difficoltà respiratoria. Perché?
La risposta ad entrambe le domande sta in una proprietà fondamentale della superficie di un fluido. Tra le molecole di un fluido agiscono delle forze attrattive. Perciò, una molecola che si trova all’interno del fluido risente di forze in tutte le direzioni, dovute alle molecole che la circondano da tutti i lati, come mostrato in figura: la forza risultante esercitata su tale molecola è quindi pari a zero.
Invece, una molecola sulla superficie risente di una forza risultante non nulla ed è spinta verso l’interno, poiché il numero di molecole vicine è nettamente inferiore e i legami di coesione sono minori. Ne segue che, per spostare una molecola dall’interno del fluido fino alla superficie, deve essere compiuto del lavoro, è necessario fornire una certa energia. Questa proprietà è quantificata mediante il concetto di “tensione superficiale“, che indica l’energia da fornire ad un fluido per aumentarne la superficie di un’unità (la situazione è analoga all’energia richiesta per allungare un foglio di gomma o una molla). Ciò significa che la superficie di un liquido si comporta come se fosse una sottile membrana elastica, resistendo alla tendenza ad aumentare la sua area.
Se una goccia di rugiada viene deformata a forma di ellissoide, essa velocemente ritorna alla sua forma sferica originale (quella, cioè, che a parità di volume, garantisce la minore superficie possibile). In maniera perfettamente analoga, quando un insetto si posa sulla superficie di uno stagno, crea degli avvallamenti, determinando così un aumento della superficie; l’acqua si oppone e resiste a questa deformazione con una forza sufficiente a sostenere il peso dell’insetto, a patto che quest’ultimo non sia troppo grande.
E’ facile verificare che anche una lametta da barba o un ago, che hanno una densità ben maggiore di quella dell’acqua, possono essere sostenuti dalla superficie dell’acqua, se si ha l’accortezza di appoggiarli delicatamente. Forse non tutti lo sanno, ma la nostra respirazione sarebbe difficoltosa se alcune molecole benefiche non diminuissero la tensione superficiale del film liquido, essenzialmente acquoso, che ricopre i nostri polmoni. Lo scambio di ossigeno e anidride carbonica fra l’aria inspirata e il sangue avviene nei polmoni attraverso le membrane di piccole strutture di forma sferica, chiamate “alveoli”.
Durante l’inspirazione, gli alveoli si espandono da un raggio di circa 0,05 mm a uno di 0,1 mm, assorbendo l’ossigeno. La sottile pellicola di acqua che ricopre le pareti degli alveoli, però, tende a contrarli o addirittura a richiuderli. Per espandersi, gli alveoli devono vincere la tensione superficiale dell’acqua (un po’ come lo sforzo che facciamo quando gonfiamo un palloncino e dobbiamo contrastare la tensione della gomma). Fortunatamente (che macchina meravigliosa è il corpo umano!), le cellule della membrana alveolare sintetizzano un surfattante, cioè una sostanza tensioattiva che si mescola all’acqua riducendone la tensione superficiale a circa un terzo di quella di partenza (il lavoro che dobbiamo compiere per inspirare diminuisce allo stesso modo).
Questa sostanza (una miscela di fosfolipidi) viene prodotta piuttosto tardi nello sviluppo di un feto, viene sintetizzata solo alla fine della gravidanza ed è per questa ragione che i neonati venuti alla luce molto prematuramente ne sono privi e quindi possono soffrire di gravi patologie respiratorie. Per aiutarli a respirare, i pediatri fanno loro inalare un aerosol contenente un surfattante polmonare.
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