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Morire di crepacuore: il caso (non isolato) di Nonna Toffa

Maria Cocchi era considerata la donna più anziana del paese di Cerveno. Aveva 97 anni ed era nota per essere la nonna di Nadia Toffa. Non ha retto al dolore per la perdita della nipote

Nonna Nadia Yoggs

Nadia Toffa in una foto postata sulla sua pagina Facebook

Maria Cocchi era considerata la donna più anziana del paese di Cerveno, in provincia di Brescia. Aveva 97 anni ed era nota per essere la nonna di Nadia Toffa.

Si è spenta il 21 agosto, una settimana dopo la morte della giornalista: la donna non avrebbe retto al dolore per la perdita della nipote. A darne notizia è il portale “Montagne e Paesi”, news prontamente ribattuto su tutte le testate nazionali e la Parrocchia di San Martino Vescovo in Cerveno, contattata dalla redazione di Fanpage.it, ha confermato la notizia.

Morire di crepacuore, il caso di nonna Toffa

Si può morire di “crepacuore”? Come riferisce la Fondazione Veronesi, la risposta è si ed i sintomi e l’esito sono simili a quelli di un infarto sebbene le origini del malessere siano diverse perché può colpire anche chi ha le coronarie ben pulite e ben funzionanti.

Il “colpo” arriva dal sistema nervoso simpatico attraverso una scarica di ormoni, le catecolamine, che danneggia il cuore, specie in persone fragili perché in là con gli anni o malate. Facendo un classico esempio, la morte di Sandra Mondaini, deceduta pochi mesi dopo il marito Raimondo Vianello. Uno studio inglese, condotto su 114 mila persone di età compresa tra i 60 e gli 89 anni, ha seguito le coppie per sette anni, un lasso di tempo in cui un terzo dei volontari è rimasto vedovo e qualcuno non ha retto il dolore della perdita morendo a sua volta entro i 30 giorni successivi al lutto. In quel mese infatti il rischio di morte era risultato doppio nei coniugi superstiti rispetto a quanti erano ancora in coppia.

Quali sono i sintomi del crepacuore?

La British Heart Foundation indica una sindrome precisa, la cardiomiopatia da stress chiamata anche Tako-Tsubo, in giapponese, perché il ventricolo sinistro assume una forma che ricorda uno strumento usato in Giappone per catturare i polpi.

Questo genere di decesso non si verifica solo in caso di lutto nella sfera di un amore romantico, ma anche tra i genitori che perdono un figlio, tra fratelli (come nel caso della famiglia Mango) o a seguito di una forte paura. Quello che uccide è lo stress. Il colpo, nella maggior parte dei casi, risulta non essere mortale ed è curabile. Generalmente i medici lo curano come un infarto poiché “ingannati” dai sintomi ma quando gli esami strumentali rivelano che le coronarie non sono intasate da un trombo cambiano la terapia, applicando quella specifica del takotsubo, sindrome reversibile e che va diminuendo dopo il primo mese di lutto.

La terapia per la Tako-Tsubo

Il trattamento consiste nel riposo e nella terapia di supporto, che deve basarsi sulla somministrazione di beta-bloccanti, ACE-inibitori, acido acetilsalicilico e diuretici. Il recupero è spontaneo e la normale funzione miocardica si ripristina nel giro di poche settimane. Un’attenzione particolare deve essere posta nel rassicurare il paziente sulla prognosi sostanzialmente benigna della sindrome. Utile anche la somministrazione di imipramina.

Per approfondire:

[1] “Si può morire di crepacuore? Sì” – Fondazione Veronesi

[2] “Cardiomiopatia di Tako-Tsubo” – Orpha.net

Nella foto Nadia Toffa in uno scatto postato sulla pagina ufficiale.