Pochi minuti fa a Stoccolma sono stati resi noti i nomi dei vincitori del premio Nobel per la Medicina o Fisiologia 2019. Peter J. Ratcliffe, William Kealin e Gregg L. Semenza hanno ricevuto la massima onorificenza in ambito accademico per i loro studi sull’adattamento delle cellule in condizioni di carenza di ossigeno.
Nato nel 1954 il prof. Ratcliffe è oggi direttore del Target Discovery Institute dell’università di Oxford, Clinical Research Director al Francis Crick Insitute. Specializzatosi ad Oxford in fisiologia della circolazione renale, si è interessato alla regolazione della produzione di eritropoietina, conosciuta anche come EPO (la stessa usata come doping dagli sportivi), prodotta dai reni in condizioni di bassa disponibilità di ossigeno.
Il suo laboratorio ha giocato un ruolo fondamentale nel comprendere come il processo di rilevamento dell’ossigeno, alla base della produzione di eritropoietina, opera essenzialmente al livello di tutte le cellule dell’organismo e dirige un’ampia gamma di risposte sistemiche all’ipossia. A lui si deve la comprensione di come questo processo di rilevamento avviene a livello cellulare, dove delle modificazioni biochimiche che includono il fattore HIF (Fattore inducibile dall’ipossia) determinano tali risposte.
Nel 2012 è stato eletto membro della Royal Society e dell’Academy of Medical Sciences nel 2002.
In forze alla Johns Hopkins University, il prof. Semenza ha condotto moltissimi studi che hanno contribuito a portare avanti le conoscenze sul fattore HIF-1, che controlla dei geni in grado di rispondere a cambiamenti della disponibilità di ossigeno. Le sue scoperte hanno implicazioni che permettono di comprendere e trattare meglio alcune condizioni come sofferenze coronariche nonché alcuni tumori.
Oltre 250 pubblicazioni con oltre 30mila citazioni rendono bene l’idea della caratura del personaggio.
Nato a New York nel 1957, il prof. Kealin ha oggi una cattedra in medicina presso l’università di Harvard. I suoi studi si sono sempre concentrati sulle funzioni di alcune proteine oncosoppressori, come p53 (anche detto “guardiano del genoma”) o la proteina di Von Hippel Lindau (pVHL). Gli sforzi delle sue ricerche sono stati volti alla comprensione di come queste proteine interferissero con la crescita tumorale.
Le interferenze di alcune di queste proteine con il fattore HIF rendono giustizia alla sua presenza tra i premiati dall’accademia Svedese.
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