Scoperta una possibile nuova classe di buchi neri
E se esistesse una classe di buchi neri del tutto nuova?
Seppur così misteriosi, i buchi neri costituiscono un elemento chiave per scoprire e capire l’universo. Studiarne l’origine è importante tanto quanto osservarne e, perché no, emularne i comportamenti.
Chi siamo? Da dove veniamo?
Si torna sempre a queste domande, e lo si fa studiando il cosmo guardando sempre un po’ più in là.
Per tutti questi motivi, gli astrofisici non solo sono in continuo monitoraggio dell’attività dei buchi neri, ma addirittura da sempre cercano di suddividere questi ultimi in “categorie”, che spaziano dall’origine dei buchi neri ai loro comportamenti.
Nell’intento di classificare i buchi neri nella Via Lattea, gli astrofisici si sono accorti di un fatto assai curioso: potrebbero aver completamente omesso una classe di buchi neri; questa si presta ad essere piuttosto particolare poiché costituita da buchi neri più piccoli del buco nero più piccolo presente nell’universo conosciuto!
Una possibile nuova classe di buchi neri
È quanto ufficializza Todd Thompson, docente di astronomia a The Ohio State University e coautore della ricerca su Science, la rivista sulla quale è stato pubblicato l’articolo.
Gli studiosi cercano continuamente di capire l’esplosione di una supernova, come esplodono le stelle supermassicce o come si formano gli elementi in queste ultime. Ma se davvero fossimo in grado di svelare una intera nuova classe di buchi neri, questo potrebbe aiutarci a capire quali sono le stelle che effettivamente esplodono e quali no; insomma, questo aprirebbe le porte ad una branca di studio completamente nuova.
Per aiutare a capire l’importanza della possibile scoperta di una nuova classe di buchi neri, Thompson riporta un esempio: immaginiamo di voler osservare il comportamento di una popolazione che cataloghiamo a partire dai 170cm in su. Ne studieremmo gli atteggiamenti e la osserveremmo durante la quotidianità, potendo infine ricavare alcuni dati. Cosa succederebbe se ad un certo punto ci accorgessimo dell’esistenza di altre persone sotto quell’altezza? Considereremmo i nostri dati non completi!
Allo stesso modo, spiega Thompson, si sta approcciando a questa possibile scoperta; tutto ciò aiuterebbe a capire meglio anche la vita della nostra stella, ma, prima di tutto, sarà necessario localizzare questi buchi neri e capire la loro densità all’interno della Via Lattea.
Oggetti misteriosi poco più grandi del sole
Oggi gli astrofisici riescono ad affermare con ampio margine di certezza che i buchi neri nascono da un sistema di stelle binario: si tratta di due stelle vicine abbastanza da poter mutuamente interagire; la gravità le porta ad essere molto vicine e ad orbitare sempre più velocemente l’una attorno all’altra, finchè una delle due morirà. A quel punto, la stella rimanente continuerà ad orbitare attorno all’ora buco nero, interagendo con esso fino a collassare.
Thompson fu già protagonista di un’importante scoperta nel 2017, quando dall’osservatorio LIGO (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory) emerse una vicenda importantissima: due buchi neri che superavano di 30 volte la massa del nostro sole si erano appena formati in una galassia a 1.8 miliardi di anni luce da noi.
In realtà la vicenda insospettì moltissimo gli astrofisici, tra cui Thompson stesso, che ritenevano che la dimensione dei due buchi neri potesse aver ecceduto la capacità di dimensione del LIGO: probabilmente i due buchi neri appena scoperti erano molto più grandi!
Per approfondire si sono affidati anche ad a APOGEE, o Apache Point Observatory Galactic Evolution Experiment, che osserva lo spettro luminoso di più di 100000 stelle nella Via Lattea. In particolare, gli scienziati si sono focalizzati sull’orbita delle stelle oggetto di studio; un cambiamento di lunghezza d’onda (ad esempio dalla blu alla rossa) significava che la stella stava orbitando attorno a qualcosa di cui ignoravano l’esistenza: quelle stelle erano infatti già conosciute, e se ne stavano studiando i comportamenti.
La curiosità di Thompson non si fermò lì, perché tra le centinaia di migliaia di stelle 200 erano quelle che meritavano un approfondimento in più: soltanto grazie a strumenti quali ASAS-SN, il All-Sky Automated Survey for Supernovae oppure i satellite Gaia, il team di Thompson è riuscito a stimare la massa attorno a cui quelle stelle stavano orbitando. Si tratta probabilmente di buchi neri circa 3.3 volte più grandi del sole!
Questa nuova scoperta potrebbe davvero spalancare le porte ad una scienza nuova che, secondo Thompson, sarebbe un punto chiave per dare risposte alle grandi domande.
Fonte: www.phys.org