Dopo l’approvazione da parte dell’EMA (European Medicines Agency), il più importante organo europeo nella valutazione dei medicinali, arrivata lo scorso Ottobre, pochi giorni fa anche la Commissione Europea ha dato parere positivo su Ervebo, il primo vaccino efficace contro Ebola.
Prodotto dalla casa Merck Sharp & Dohme BV, Ervebo è risultato efficace nel contenere dei focolai endemici nella Repubblica Democratica del Congo, dove è stato già utilizzato in situazioni di emergenza.
Chi non ricorda gli eventi di qualche anno fa: l’esplosione della malattia, le migliaia di vittime, l’arrivo di alcuni malati in Italia e i sanitari avvolti in tute di protezione eccezionali.
Non più tardi cinqua anni fa, la malattia mise in stato di allerta il mondo intero portando l’attenzione dei mass media in quelle zone del continente africano nei quali si verificarono le epidemie.
D’altronde, con un tasso di mortalità che può arrivare, in alcuni casi, anche al 90% l’allerta è più che giustificata.
La malattia si caratterizza per una incubazione di 2-20 giorni a cui segue un esordio sintomatologico acuto con nausea, febbre, astenia, mialgie, artralgie e cefalea.
La storia naturale della malattia prevede l’aggravarsi dei sintomi e la comparsa di fenomeni emorragici sia cutanei che viscerali.
La trasmissione del virus avviene per contatto con sangue, secrezioni, organi o altri fluidi corporei di animali infetti. Il contagio interumano è causato da contatto con sangue, saliva, urine e vomito. È facile intuire quanto drammatica possa essere la situazione in Paesi in via di sviluppo, dove i trattamenti sanitari, le reti idriche e la situazione igenico-sanitaria sono tutt’altro che efficienti.
Con l’approvazione da parte della Commissione Europea alla libera commercializzazione del vaccino Ervebo la lotta ad Ebola avrà un notevole boost. Infatti, molti Paesi europei che già investono nel miglioramento delle condizioni sanitarie in Paesi africani potranno acquistare ed utilizzare il vaccino.
Questo, già testato su decine di migliaia di persone, ha mostrato una notevole capacità di prevenire la malattia.
Ovviamente la lotta non è finita.
Il dott. David Heymann, epidemiologo della London School of Hygiene and Tropical Medicine, ha commentato così su Nature:
“Il messaggio è che la ricerca non è conclusa. Deve continuare. È molto importante continuare a studiare i vaccini e sviluppare quelli di seconda e terza generazione che potrebbero offrire un’immunità più duratura, essere diretti a colpire più di una specie di Ebola ed essere più facili da stoccare”.
Fonti ed approfondimenti: