Genio incompreso. Sono sicuramente le parole adatte per descrivere Robert Goddard ai suoi tempi. Le sue teorie infatti, troppo rivoluzionarie per gli standard dell’epoca, vennero accolte dai media e dalla comunità scientifica con un certo scetticismo. Anche il The New York Times ne parò male durante gli anni ’20, dopo uno dei suoi esperimenti; il quotidiano della ‘Grande Mela’ scrisse così del padre della propulsione moderna:
“Ognuno sa che un razzo non può viaggiare nel vuoto, poiché non c’è nulla da cui trarre la spinta. Goddard sembra non avere nemmeno le conoscenze di base delle scuole superiori”. Quarant’anni dopo però, pochi giorni prima del ‘One small step’ di Neil Armstrong, lo stesso quotidiano chiese scusa allo scienziato statunitense, ritrattando il madornale errore compiuto dai colleghi.
Nato a il 5 ottobre del 1882 a Worcester, nel Massachusetts, cominciò ad interessarsi allo spazio già in tenera età ma la sua passione sfociò del tutto durante l’adolescenza, quando restò particolarmente colpito dal classico fantascientifico ‘La guerra dei mondi’.
Frequentò la Clark University e nel 1914 progettò motori per razzi con gli investimenti della Smithsonian Institution. Da grande visionario quale era, nel 1919 scrisse già sulla possibilità di compiere viaggi sulla Luna. Nel 1926 lanciò il primo razzo a combustibile liquido da Auburn: grande quanto un braccio umano, il razzo, ribattezzato ‘Neil’, si alzò di 14 metri e il suo volo durò solamente mezzo secondo. In quell’occasione venne deriso da un giornale locale che titolò così l’evento… (il racconto continua nel video).
Goddard nel complesso ottenne 214 brevetti per il suo lavoro, molti dei quali dopo la sua morte. Il 1° maggio del 1959 la NASA ha inaugurato il Goddard Space Flight Center, in onore del padre della propulsione dei moderni razzi.
Nella foto Robert Goddard, crediti: galeria.totalcar.hu