Non sempre nella vita si ha quel che si merita e, molto spesso, è qualcun altro a prendersi il merito del nostro lavoro. Ne sa qualcosa l’astrofisica Jocelyn Bell che, nel 1967, scoprì la prima pulsar insieme al suo supervisor Antony Hewish: il Nobel per la Fisica però venne conferito solo a quest’ultimo.
Nell’ambito scientifico sono purtroppo le donne ad averne fatto maggiormente le spese: è sufficiente pensare che dei 207 premiati nel campo della Fisica, fino all’edizione del 2019, vi sono solamente tre donne, Marie Curie, Maria Goeppert-Mayer e Donna Strickland, vale a dire poco più dell’1%. Ma chi è Jocelyn Bell?
Nata a Belfast, nell’Irlanda del Nord, il 15 luglio del 1943, la Bell frequentò l’Università di Glasgow e quella di Cambridge, dove ottenne il dottorato. Proprio qui lavorò con Hewish in un gruppo di scienziati che costruì un radiotelescopio per studiare i quasar, scoperti qualche anno prima: qui Bell, ascoltando il rumore di fondo della registrazione compiuta sul cielo, scorse un segnale che pulsava regolarmente, all’incirca una volta al secondo. Una frequenza troppo regolare per sembrare naturale e per questo motivo la sorgente fu chiamata LGM1, l’acronimo di Little Green Men (omino verde); Bell e Hewish infatti, proprio per via di questa eccessiva regolarità, si convinsero che si trattasse di un segnale proveniente da extraterrestri. Solo in seguito la sorgente venne identificata come una stella di neutroni rotante ad altissima velocità, una pulsar.
Una carriera brillante la sua, perché una volta terminato il dottorato, ingiustizia a parte, la scienziata ha saputo farsi valere lavorando all’Università di Southampton dal 1968 al 1973, all’University College di Londra dal 1974 al 1982 e all’Osservatorio Reale di Edimburgo dal 1982 al 1991 per poi diventare professoressa di Fisica alla Open University per dieci anni e professoressa “in visita” all’Università di Princeton. Nel 1986 rivestì il ruolo di project manager per il James Clerk Maxwell Telescope a Mauna Kea, alle Hawaii ed è stata Decano di Scienze all’Università di Bath, tra il 2001 ed il 2004; nello stesso periodo fu anche Presidente della Royal Astronomical Society. È stata inoltre Presidente dell’Institute of Physics tra il 2008 e il 2010 per poi essere nominata rettore dell’Università of Dundee nel febbraio del 2018, anno in cui la Bell si è vista finalmente riconoscere i meriti della scoperta della Pulsar con l’assegnazione dello Special Breakthrough Prize In Fundamental Physics, un premio che – economicamente parlando – vale almeno tre premi Nobel, ovvero 3 milioni di dollari: i contributi della Bell furono fondamentali alla loro scoperta e la sua intera carriera dedicata allo studio delle pulsar è diventata una fonte d’ispirazione per la comunità scientifica, al punto che il comitato di selezione del premio, che può essere conferito in qualsiasi momento per risultati scientifici straordinari, decise di destinarle senza indugio questo l’autorevole riconoscimento che, nella sua storia, venne assegnato anche a Stephen Hawking nel 2013, agli scienziati del CERN di Ginevra, fra i quali gli italiani Fabiola Gianotti e Guido Tonelli, impegnati nella scoperta del bosone di Higgs, e agli scienziati e ingegneri che scoprirono le onde gravitazionali nel 2016.
“Fino a quel momento nessuno aveva idea di come si potessero osservare le stelle di neutroni, se davvero esistevano. All’improvviso saltò fuori che la natura ha fornito un modo incredibilmente preciso per osservare questi oggetti, qualcosa che ha condotto in seguito a molti progressi”
– disse nell’occasione il matematico e fisico statunitense Edward Witten, presidente del Comitato di selezione del premio. Estremamente toccata e riconoscente, la Bell dichiarò di voler devolvere l’intero importo del premio all’Institute of Physics proprio per finanziare borse di dottorato di ricerca a chi è under-represented nella fisica: le donne!
Nella foto Jocelyn Bell nel 1975, crediti: PA Archive/Alamy