Uno studio sul coronavirus proveniente dalla Germania potrebbe affermare che i numeri per il covid19 sono molto più grandi di quelli rilevati
La pandemia globale di coronavirus continua ad avanzare senza sosta. Tra misure di contenimento, lockdown in più paesi e distanziamento sociale, sono molte anche le azioni preventive che i governi hanno pensato di attuare.
Non tutti, però, agiscono allo stesso modo, sia per la disponibilità di materiale che per la valutazione sui dati giornalieri che hano deciso di fare: quante persone sono realmente affette da covid19?
A questa domanda si propone di rispondere la Germania. Un team dell’Università di Bonn ha effettuato dei controlli su un campione di 1000 residenti della città di Gangelt, tra i primi focolai nel Paese.
Lo studio sui cittadini ha rilevato che il 2% della popolazione è attualmente positivo, ma il 14% dei 1000 possiede gli anticorpi del coronavirus.
Un dato sconcertante e allarmante, poichè i soggetti di cui sopra hanno superato la fase di positività, probabilmente in maniera asintomatica, ma hanno significativamente contribuito ad uno spread della stessa senza, ritenersi obbligati a dover rispondere, almeno inizialmente, alle sollecitazioni mosse dallo Stato: quarantena per i sintomatici, attesa dei tamponi, e via dicendo.
Statisticamente parlando, il team che ha studiato la situazione della città di Ganglet conclude che il 15% della popolazione è stata contagiata da covid19.
Questo è un importante tassello che si aggiunge al puzzle che ricostruisce il quadro generale della pandemia di coronavirus. E ad averlo al centro dell’attenzione sono istituti quali l’Imperial College e l’Università di Oxford, che stanno studiando i motivi per i quali, nonostante le restrizioni, il coronavirus continua a circolare registrando ogni giorno numeri significativi.
Per queste ragioni, qualche settimana fa i due istituti hanno valutato l’effettiva necessità di dichiarare il lockdown in un paese come l’Inghilterra, in cui si stima che circa la metà della popolazione possa essere stata infettata. Ciò vorrebbe dire che, a questo punto, non avrebbe avuto tanto senso prendere tali misure così tardi, poichè in effetti si sarebbe sviluppata un’idea embrionale di immunità di gregge.
A questo punto, però, ha senso ritrattare i dati in percentuale forniti abbassando significativamente il tasso di mortalità allo 0.37%, ben più basso del valore inizialmente stimato, che si aggirava intorno all’unità.
Inoltre, è necessario porsi un’altra domanda: date le percentuali, potrebbe darsi che il virus non infetta proprio tutti? Questo per far riferimento ad uno studio condotto in Cina in cui è stato analizzato un paese che prevedeva diversi casi di coronavirus; molte persone che convivevano con pazienti risultati positivi, non hanno contratto il virus. Il nostro organismo è talvolta dotato di difese naturali contro le infezioni?
Tale dichiarazione è in accordo con uno studio condotto nel Regno Unito, che stima un contagio per oltre l’80% della poplazione quando il virus è lasciato libero di circolare.
Insomma, bisogna attendere gli esiti di questi studi per avere un quadro più chiaro e completo, soprattutto se il problema viene analizzato da “diverse angolazioni”. Quello che ancora una volta ci sentiamo di raccomandare, da amanti della scienza e della ricerca, è di stare in casa e rispettare le misure nella maniera più rigorosa possibile. Ciò che non è certo, infatti, è il decorso della patologia una volta risultati positivi alla stessa.
Fonte: /spectator.us/