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Coronavirus, arriva il test rapido salivare

Dall’Università dell’Insubria arriva il test rapido salivare per rilevare in pochi minuti la presenza del Coronavirus. Uno strumento diagnostico che potrebbe giocare un ruolo strategico

test rapido salivare

test rapido salivare, crediti: pixabay.it

Una bella notizia dall’Università dell’Insubria. Entrerà presto in produzione il test rapido salivare (Trs) per rilevare in pochi minuti la presenza del Coronavirus, sviluppato insieme all’Asst dei Sette Laghi in cui hanno avuto ruoli incisivi il rettore Angelo Tagliabue, stimato professore di Odontostomatologia, e Paolo Grossi, infettivologo referente regionale e ministeriale per l’emergenza Covid-19.

Si tratta di un nuovo strumento diagnostico che, specialmente nella fase 2 dell’emergenza, potrebbe giocare un ruolo strategico per la riapertura in sicurezza.

Test rapido salivare, come funziona

Il funzionamento del test rapido salivare è molto simile a quello di gravidanza: su di una piccola striscia di carta assorbente si applica qualche goccia di saliva che viene diluita con una soluzione apposita.

L’esito si avrà in una finestra di tempo da tre a sei minuti: qualora si venisse a formare una banda il soggetto è negativo, se si formano due bande è positivo.

Com’è nata l’idea

L’idea è nata dal ricercatore di Odontoiatria Lorenzo AzziMauro Fasano, professore di Biochimica. Il gioco di squadra ha fatto la differenza: la realizzazione dei reagenti e dei kit infatti è avvenuta nei laboratori dell’Insubria a Busto Arsizio, sotto coordinamento dalla ricercatrice Tiziana Alberio.

La sperimentazione invece è stata condotta nel laboratorio di Microbiologia dell’Ospedale di Circolo di Varese, diretto da Fausto Sessa: in poco più di due settimane (16 aprile/4 maggio), sono stati esaminati i campioni di saliva di 137 soggetti sottoposti al tampone e risultati sia affetti da Covid-19 che sani.

Due test per valutare i campioni

Ogni campione di saliva prelevato è stato valutato attraverso due test: il primo molecolare, condotto dalla ricercatrice Andreina Baj, ed un secondo sperimentale.

“Il Test rapido è semplice e sicuro da usare e consente di fare uno screening immediato di primo livello della popolazione. Lo scopo è di identificare i soggetti positivi, soprattutto gli asintomatici portatori del virus, da inviare successivamente a eseguire i test diagnostici di riferimento che, basandosi su metodiche molecolari, necessitano del laboratorio con tempi più lunghi di elaborazione” – spiega Lorenzo Azzi.

Alta affidabilità, c’è l’accordo con NatrixLab

“Dai dati che abbiamo raccolto la sensibilità del test è risultata alta, con margini di miglioramento già previsti per la prototipizzazione industriale. Questo passaggio dallo studio alla realizzazione di un progetto a favore della comunità dà grande valore all’attività di ricerca scientifica” – aggiunge il professor Mauro Fasano, delegato del rettore al trasferimento tecnologico.

L’Università dell’Insubria infatti ha già stilato un accordo con la NatrixLab di Reggio Emilia e l’azienda si è messa subito al lavoro per fornire in tempi rapidi alcuni prototipi del test rapido salivare, che saranno validati in tempi altrettanto brevi.

“La realizzazione di questi prototipi e la conseguente produzione industriale che ne deriverà è frutto dell’esperienza che NatrixLab ha messo in campo con il suo gruppo di lavoro. In questi anni siamo stati pionieri nella ricerca del benessere tramite l’utilizzo della diagnostica di laboratorio, oggi vogliamo contribuire in modo significativo al ritorno alla normalità della nostra vita quotidiana, ma soprattutto a liberare energie che oggi stiamo spendendo per gestire l’emergenza e indirizzarle per il rilancio del Paese” – dichiara Mario Brevini, amministratore di NatrixLab.

Resta poi solo la certificazione

“Il nostro test rapido salivare è così semplice da poter realmente essere utilizzato da chiunque, ma la certificazione per uso autonomo richiede tempi molto lunghi, mentre sono necessari solo 15 giorni per ottenere quella sotto controllo medico. Dunque il test, come quello sierologico, sarà inizialmente gestito da una figura sanitaria, che collabori per esempio con le forze dell’ordine per controlli, oppure con un’azienda che voglia sottoporre i dipendenti all’esame. E speriamo che possa essere messo a disposizione anche dei medici di base” – conclude Mauro Fasano.