Fisica

Sole, individuata nuova classe di neutrini grazie all’esperimento Borexino

Il 23 Giugno, nel corso della ventinovesima edizione dell’International Conference on Neutrino Physics and Astrophysics – che a causa dell’emergenza coronavirus si è svolta come “virtual meeting” – i fisici dell’esperimento Borexino hanno annunciato una scoperta che vede protagonista il Sole: è stata individuata una nuova classe di neutrini provenienti dal nostro astro più importante.

Le due reazioni che alimentano il Sole

Ogni secondo il Sole produce trilioni e trilioni di neutrini, particelle subatomiche di massa piccolissima e carica elettrica nulla. Questo avviene a causa delle due reazioni che hanno luogo nel nucleo della nostra stella: la catena protone-protone, che rappresenta la principale fonte di energia e il ciclo CNO, conosciuto anche come “ciclo carbonio-azoto-ossigeno” o “ciclo di Bethe” (da Hans Bethe, fisico che lo scoprì nel 1938). Questo secondo processo contribuisce in maniera molto inferiore al sostentamento del Sole in quanto è una reazione dominante nelle stelle più massicce (i modelli teorici indicano stelle con masse il 20% superiori a quelle del Sole).

Schema della fusione nucleare all’interno del Sole (Di HeNRyKus – Opera propria, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=4320035)

In passato gli scienziati erano stati in grado di individuare solo un gruppo di neutrini, ossia quelli prodotti dalla catena protone-protone (che fornisce il 99% dell’energia complessiva) mentre ora, grazie all’annuncio fatto nel corso del virtual meeting “International Conference on Neutrino Physics and Astrophysics“, sappiamo che i ricercatori sono riusciti a scoprire anche i neutrini prodotti dal ciclo CNO. Grandissima e comprensibile comunque la soddisfazione tra i protagonisti dell’importante ricerca:

Grazie a questo risultato, Borexino ha completamente svelato i due processi che alimentano il Sole” (Gioacchino Ranucci, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare – Milano)
Identificarli era in cima alla lista di tutti. Ora pensiamo di averli trovati, il che è un traguardo importante e una misura estremamente difficile da ottenere” (Malcolm Fairbairn, King’s College London)

L’esperimento Borexino: tra Sole e neutrini

Borexino è un esperimento per l’osservazione di neutrini a bassa energia prodotti dal Sole ed è situato ad Assergi, nel Laboratorio Nazionale del Gran Sasso, il laboratorio sotterraneo più grande al mondo per lo studio delle astroparticelle. L’LNGS, infatti, si trova a 1400 metri di profondità sotto il massiccio del Gran Sasso. C’è un perché al fatto che questo particolare esperimento è situato in profondità nel sottosuolo. Per poter “catturare” i neutrini – che interagiscono pochissimo con la materia e la possono attraversare indisturbati – Borexino e gli altri rivelatori devono essere schermati: nel caso specifico, la roccia sovrastante, che funge da filtro, assorbe quasi tutte le altre particelle provenienti dal cosmo. In più è necessario che anche la radioattività ambientale sia ridotta al minimo.

Il rivelatore Borexino fotografato nel 2015 (di Borexino Collaboration – Report photography, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=44379227)

La composizione di Borexino è molto simile a quella di una matrioska. Dall’esterno appare come una cupola che contiene al suo interno 2400 tonnellate di acqua ultrapura. Immersa in questo liquido, c’è una sfera di acciaio contenente 1000 tonnellate di pseudocumene, un idrocarburo usato per schermare il rivelatore, e 2200 fotomoltiplicatori che catturano i raggi di luce emessi dai neutrini quando interagiscono con il “cuore” di Borexino. Dentro questa sfera, infatti, c’è un altro contenitore sferico in nylon con 300 tonnellate di liquido scintillatore. Quando i neutrini arrivano all’interno di questa sfera e si scontrano con gli elettroni del liquido contenuto all’interno, viene emesso un piccolo fascio di luce catturato dai fotomoltiplicatori. Ciò che viene misurato da Borexino è l’energia e la posizione degli urti provocati dai neutrini. I ricercatori hanno impiegato cinque anni per calibrare al meglio l’esperimento in modo da poter catturare gli sfuggenti neutrini ma, come spiegano gli stessi ricercatori, la difficoltà nella loro osservazione non è certamente imputabile alla scarsa quantità: questa particelle, infatti, sono molto abbondanti, tanto che ogni secondo 700 milioni di neutrini prodotti dal ciclo CNO attraversano un centimetro quadrato.

A cosa serve individuare e studiare i neutrini?

Lo studio dei neutrini è molto importante perché potrebbe consentire ai fisici di comprendere meglio la composizione interna del Sole, andando a scoprire quanta percentuale dell’intero astro è composta da metalli più pesanti dell’idrogeno e dell’elio: questa quantità è detta metallicità. Nello specifico, i neutrini prodotti dal ciclo CNO sono fondamentali perché la loro produzione dipende dalla quantità di carbonio, azoto e ossigeno del Sole.

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Simone Versienti