Nel corso della vita, vi sarà capitato molte volte di osservare stormi di uccelli appollaiati sui cavi della rete elettrica. Riflettendoci un po’ su, in maniera piuttosto intuitiva, vi sarete chiesti perché quei volatili non prendessero la scossa e non fossero folgarati all’istante. In effetti, l’esperienza ci porta a considerare i tralicci e i cavi dell’alta tensione come degli elementi pericolosissimi, a cui non bisogna assolutamente avvicinarsi se non si vuol rischiare di restare folgorati. Ma allora, perché gli uccelli non ricevono la “scossa”?
Una linea elettrica è un elemento di un elettrodotto che collega due zone trasferendo energia elettrica dall’una all’altra e viceversa. Per elettrodotto si intende tutta l’infrastruttura di trasporto in alta tensione, che consente di trasferire l’elettricità agli utilizzatori finali. Di solito, la trasmissione avviene in sistemi trifase a corrente alternata, ovvero si sviluppa in tre fili posti in parallelo e non è costante nel tempo, ma varia con soluzione di continuità. La peculiarità del sistema trifase è quella che in ogni cavo scorre una corrente che è “sfasata” rispetto alle altre due. Significa, in soldoni, che i tre segnali non sono sincronizzati, e assumono valori molto diversi nello stesso intervallo di tempo, mantenendo tuttavia la stessa frequenza (50 Hz).
Da un punto di vista fisico e microscopico, la corrente è la variazione di quantità di carica in un determinato materiale. Ciò significa che, per far scorrere una corrente in un cavo di rame, ad esempio, deve esserci una differenza di concentrazione di carica, altrimenti detta differenziale di potenziale elettrico. Si tratta dell’analogo del piano inclinato in meccanica: una pallina posta su una strada inclinata tenderà a spostarsi dalla regione con potenziale più alto a quella con potenziale più basso, proprio come avviene per le cariche elettriche. Nelle linee di trasmissione ad alta tensione, la corrente scorre per via della differenza di potenziale che intercorre tra il cavo e il cosiddetto “neutro”, ovvero un potenziale di riferimento che consente di chiudere il circuito facendo muovere le cariche elettriche.
La famosa prima legge di Ohm regola il comportamento dei circuiti elettrici. Essa afferma che la tensione è pari al prodotto fra la resistenza e la corrente che scorre nel circuito $$V = RI$$ Tale equazione suggerisce che la resistenza è un parametro \(R\) che definisce una peculiarità ben precisa di un determinato materiale. La seconda legge di Ohm lega la resistenza alla resistività \(\rho\) del materiale, ovvero il parametro che modella l’attitudine di una sostanza a far circolare le cariche elettriche al suo interno. Ipotizzando che l’oggetto attraverso cui scorre la corrente sia un cilindro, allora si ha $$\rho = R\dfrac{l}{A}$$ Nella precedente formula, \(l\) rappresenta la lunghezza del cilindro, mentre \(A\) è la sezione dello stesso.
Intuitivamente, più è bassa la resistività, più il materiale sarà un buon conduttore di elettricità. Ad esempio, si ha $$\rho_{Cu} = 1.68 \times 10^{-8} [\Omega m] \\ \rho_{Ar} = 1.62 \times 10^{-8} [\Omega m] \\ \rho_{H20} = 2 \times 10^{-1} [\Omega m]$$ ove \(\rho_{Cu}\) rappresenta la resistività del rame, \(\rho_{Ar}\) è la resistività dell’argento e \(\rho_{H20}\) è quella dell’acqua.
Dopo queste premesse, ci possiamo chiedere quale sia la resistività propria di un volatile. La risposta a questa domanda, infatti, consente di rispondere all’enigma iniziale, ovvero ci spiega perché gli uccelli non rimangono folgorati se si poggiano su un singolo cavo. Considerando la composizione di un uccello, la si può considerare “elettricamente” simile a quella del corpo umano. Essendo noi composti principalmente da acqua, risultiamo essere dei conduttori di elettricità pessimi rispetto al rame, ma ottimi rispetto alla plastica o al legno. Lo stesso vale per gli uccelli, i quali hanno una resistività \(\rho_u = 0.15 [\Omega m]\).
Quando un volatile si posa su un singolo cavo del sistema trifase, poggia le sue zampette su un materiale che sta facendo scorrere una corrente di grande intensità. Questo significa che il circuito che comprende quel determinato filo è completo, e quindi l’uccello vi si sta inserendo in parallelo. Da un punto di vista modellistico, è come quando si studia un piccolo circuito con due resistenze in parallelo. Per la seconda legge di Kirchhoff, la corrente si separa in due e segue i due rami, per poi ritornare unica dopo la biforcazione. La quantità di corrente che scorre su ogni singolo ramo dipenderà dalla resistenza associata a quel ramo.
Ora, considerando una distanza fra le zampe dell’uccello pari a \(10 [cm]\) e una sezione del cavo pari a \(25 [mm^2]\) , la resistenza associata al rame sarà pari a \(R_{Cu} \approx 6.72 \times 10^{-5} [\Omega]\), mentre quella associata al volatile (alto \(30 [cm]\)) sarà \(R_u \approx 20 [\Omega]\).
Si supponga che nel cavo scorra una corrente pari a \(I = 50 [A]\). Secondo la legge del partitore di corrente, la corrente sul ramo su cui è presente \(R_u\) (ovvero l’uccellino) sarà pari a $$I_{u} = \dfrac{R_{Cu}}{R_{Cu}+R_u} I \approx 1.68 \times 10^{-4} [A]$$ L’intensità di questa corrente è praticamente impercettibile da parte del volatile, il quale non risente minimamente della corrente infinitesimale che scorre attraverso il suo esile corpicino. D’altro canto, se paradossalmente l’uccello fosse fatto interamente d’argento, nel suo corpo scorrerebbe una corrente con un’intensità pari a circa la metà di quella che scorrerebbe sul cavo.
Cosa succede, invece, se l’uccello tocca contemporaneamente due fili diversi? Qui la situazione cambia radicalmente, poiché l’uccello non fa altro che chiudere un nuovo circuito, toccando con due parti diverse del corpo due zone con potenziale diverso. Supponendo che la tensione risultante sia \(V = 1 [kV]\), e che la resistenza del volatile sia sempre \(R_{u} = 20 [\Omega]\) la corrente sarà pari a $$I = \dfrac{V}{R_u} = 50 [A]$$ ovvero sufficiente a carbonizzare all’istante l’uccello. In tal caso, quindi, il volatile sarà un ottimo conduttore di elettricità!