Nuove rivelazioni nel punto stampa straordinario del 13 Luglio 2020, presso la sede della protezione civile a Venezia. Zaia ha affermato di aver fatto sequenziare e esaminare, il Covid-19 serbo che ha contagiato il noto imprenditore di ritorno dal suo viaggio di lavoro in Serbia, partito subito dopo la fine del lockdown italiano. La paura per nuovi focolai e le possibili differenze con il virus italiano spingono il governo ad una proroga con eventuali modifiche del DPCM dell’11 giugno.
Subito dopo la riapertura delle frontiere, l’imprenditore vicentino è partito per un viaggio di lavoro in Serbia, accompagnato da un collaboratore. Arrivato a destinazione, avrebbe avuto contatti non protetti con un 70enne positivo -poi ricoverato in T.I. e deceduto in breve tempo – per poi rientrare in Italia il 20 giugno. In seguito sarebbe ripartito per la stessa meta, con altri due colleghi, per ritornare poi in Veneto il 25 giugno. Una volta rientrato, ha avvertito subito i primi sintomi, febbre compresa, ma ha proseguito le sue attività lavorative, spostandosi anche in paesi limitrofi per motivi vari.
All’aggravarsi dei sintomi, l’imprenditore si sottopone al tampone, che risulta positivo. Rifiuta tuttavia il ricovero, fino all’intervento del sindaco del suo comune (Vò) che lo convince ad ascoltare i sanitari. L’uomo viene così ricoverato in T.I. ed intubato. Attorno a lui, in quel momento, il quadro è di: 5 positivi accertati e 89 in isolamento, destinati ad aumentare.
A seguito del disastroso periodo dove la pandemia di Covid-19 ha messo in ginocchio più regioni, Zaia ha dichiarato la tolleranza zero, verso episodi di irresponsabilità di questo tipo. Sono state annunciate nuove misure volte ad inasprire le pene -fino al carcere– per chi deliberatamente mette a rischio la salute altrui.
Gli studi promossi dal governatore del Veneto hanno rivelato importanti differenze fra il ceppo italiano e quello serbo del Covid-19. Fin da subito i tamponi sui i 4 uomini di rientro dalla Serbia -che ha poi dichiarato il lockdown– hanno evidenziato una carica virale molto elevata, più del previsto, dichiara Zaia. La conferma dall’istituto Zooprofilattico delle Venezie, dalla direttrice Antonia Ricci, che ha sequenziato il ramo del virus.
“Il virus migratorio, non autoctono, non di casa, è più aggressivo e ha delle mutazioni proprie, essendo cresciuto in un cluster straniero. È molto più contagioso e non simile al nostro, isolarlo è stato fondamentale. La situazione in Veneto è sotto controllo, ma temiamo l’arrivo di mutazioni del virus provenienti dai paesi esteri. È necessario dunque intensificare i controlli per chi viene da Benin, Serbia, Kossovo, Moldavia, Bangladesh, Congo, e da tutti i paesi dai quali sono giunte persone poi risultate positive.” Luca Zaia
A seguito di queste dichiarazioni, Zaia ha poi incaricato i direttori generali delle Ulss di effettuare tamponi diffusi nelle comunità straniere presenti in Veneto. Molte delle comunità stesse, come quelle bengalesi e kosovare, si sono dimostrate subito disponibili ai test, in ottica di sicurezza comune.
la dottoressa Ricci ed il collaboratore C. Terrecino, supervisori dello studio sul virus serbo, hanno poi chiarito le dichiarazioni del governatore Zaia. Gli studiosi hanno affermato che i tamponi dei 4 uomini tornati dalla Serbia, sono identici fra loro ed evidenziano un cluster diverso da quello italiano. Tuttavia, ad oggi, per carenza di studi in merito, non è possibile asserire che le differenze di patogenicità fra “i due Covid-19” siano riconducibili a specifiche mutazioni genetiche. In sostanza dunque, non si può esser certi della maggior virulenza del cluster serbo, dato evidenziato anche dall’assenza di nuovi picchi di contagi in Italia. Non va però tralasciato il fatto che l’imprenditore vicentino “paziente 1”, sia tutt’oggi ricoverato in terapia intensiva. Da quì potremmo pensare ad una maggior aggressività del virus serbo rispetto a quello radicato in Italia.
Il 14 luglio in Parlamento il ministro Speranza presentava la proroga del DPCM dell’11 giugno fino al 31 luglio. Tutte le precedenti misure dunque confermate fino a fine mese, lavoro da remoto compreso.
A seguito però dei recenti sviluppi della diffusione del Covid-19 in Veneto, si potrebbe deliberare per un divieto di ingresso in Italia. Questo riguarderebbe chi, negli ultimi 14 giorni, ha soggiornato in paesi che non possono garantire le misure minime di sicurezza. Al 9 luglio i Paesi indicati dal ministro Speranza erano 13, ma il numero è attualmente sotto esame e potrebbe subire variazioni. Altra possibile novità potrebbe essere il “rimpatrio immediato”.
Per quanto riguarda la proroga dello stato di emergenza invece, essa verrà presentata nei prossimi giorni. Probabilmente sarà attivata fino al 31 ottobre 2020.