Negli ultimi 25 anni è stata documentata la morte di oltre il 50% dei coralli della Grande Barriera Corallina australiana. Recente lo studio della Royal Society, pubblicato sulla rivista Proceedings, che testimonia quanto questo delicato ecosistema marino stia accumulando danni irreversibili derivanti da antropizzazione e cambiamenti climatici correlati. Lo studio riporta numeri e dati qualitativi dei principali sbiancamenti avvenuti negli ultimi anni, confrontandoli con una linea di base storica del 1995-1996. I risultati, riassumendo, restituiscono un calo sia per quanto riguarda la diversificazione delle colonie che il loro numero. Le perdite fanno riferimento sia alla cresta del reef che ai versanti ed ai pendii, ad eccezione di un piccolo settore dell’estremo sud.
Emblematici anche gli scatti del biologo e fotografo marino Brett Monroe Garner, per Greenpeace. Lo studioso, che per anni ha fotografato la stessa area della Grande Barriera Cotallina australiana, si dice sconcerto difronte alla situazione odierna. Nel documentario, circa il 100% dei coralli di quel settore appare totalmente sbiancato -e già aggredito dalle alghe esterne- probabilmente il maniera irreversibile.
Già nel 2016 e nel 2017 sono stati registrati due inquietanti sbiancamenti della Grande Barriera Corallina, ma quello osservato attualmente appare senz’altro come il più tragico ed esteso. Purtroppo il fenomeno si è infatti aggravato negli anni, andando a colpire zone dove prima i coralli erano reputati sani. In particolare, i danni arrivano a toccare anche gli estremi del reef, da nord a sud, senza eccezioni degne di nota.
Il grido d’aiuto lanciato da Greenpeace chiaramente non è il solo. La James Cook University, centro di eccellenza per gli studi sulla Grande Barriera Corallina, ha condotto mesi di ricerche in proposito. In un solo anno, sorvolando intensamente porzioni estese del reef, i ricercatori hanno stimato numeri davvero preoccupanti riguardo la gravità dello sbiancamento. La ricerca ha messo in risalto come un quarto della Grande Barriera Corallina sia oramai sbiancato del tutto, e che il fenomeno si acutizza soprattutto nei dintorni delle coste, ovvero le aree più contaminate dall’uomo.
Il corallo, organismo formato da una colonia di polipi nella loro fase calcarea, è conosciuto ai più per il fantastico plateau di colori che può assumere. Queste pigmentazioni, sono causate dalle zooxanthellae, minuscole alghe unicellulari che alloggiano nei tessuti del corallo, a volte anche bioluminescenti.
In caso di forte stress ambientale, questo fantastico organismo risponde decolorandosi, dunque espellendo le zooxanthellae. Il problema risiede nel fatto che queste piccole alghe procurano al corallo il 90% delle risorse energetiche di cui esso necessita per vivere. Un esempio di stress che porta allo sbiancamento del corallo, è l’innalzamento delle temperature delle acque. Se questi sbalzi non perdurano, il corallo può riprendersi, ma se le temperature si mantengono più elevate del normale per troppo tempo, il corallo sbiancato e privato delle sue alghe muore “di stenti”.
Il dibattito che imperversa nel campo del riscaldamento globale è sempre piuttosto acceso. Tuttavia, che sia questo fisiologico o meno, la Grande Barriera Corallina, così come altri ecosistemi marini e non, non sopravviverà a lungo a queste condizioni.