La (non) attendibilità dei testimoni oculari
“È stato lui! Non dimenticherò mai la sua faccia!”. Quante volte è stata pronunciata una frase come questa? Quante volte un innocente è stato condannato per lo sbaglio di un testimone? Quanto può essere affidabile un testimone oculare? Alcuni dati ci dicono che circa l’80% delle incriminazioni si basano sulla testimonianza oculare. Ma i dati ci dicono anche che spesso i testimoni sbagliano. Ad esempio il sito Innocence Project evidenzia che negli Stati Uniti il 69% dei soggetti condannati ingiustamente e scagionati grazie alla prova del DNA, vale a dire 252 su 367, erano stati condannati grazie ad uno o più testimoni oculari.
La fallibilità dei testimoni oculari
Ma perché accade ciò? Cosa porta un testimone oculare a dire cose non vere? Tralasciando le ipotesi di false testimonianze volontarie, è da evidenziare che un testimone oculare può dire cose errate anche in assoluta buona fede. Questo perché noi pensiamo che la mente funzioni come una sorta di “registratore” dal quale possiamo attingere notizie sui fatti a cui abbiamo assistito. Peccato che non sia così!
Quando assistiamo ad un evento, quello che non vediamo al momento dell’avvenimento (momento della “codifica”) ovviamente non può essere recuperato dopo. L’attenzione è quindi fondamentale. Il problema è che gli eventi a cui assistiamo e in relazione ai quali siamo chiamati a testimoniare, sono il più delle volte inattesi. Potrebbe quindi accadere (anzi, accade spessissimo) che il testimone non faccia attenzione ad elementi importanti di un certo evento per cui è poi chiamato a testimoniare.
Talvolta ci sono anche elementi che sviano l’attenzione. Ad esempio, è stato osservato che nel caso in cui qualcuno viene minacciato da un’arma, tutta l’attenzione si rivolge verso l’arma stessa (“weapon effect”). Ciò rende difficile, se non impossibile, l’individuazione dell’aggressore. È stato poi verificato che dirigere l’attenzione verso due volti (in contemporanea o anche a distanza di tempo), porta l’osservatore a “mescolarli”, per cui la loro rappresentazione in memoria avrà elementi di entrambi i volti. È evidente che tale “mescolanza” risulta dannosa nel momento in cui è necessario che un testimone individui gli autori di un crimine. Si pensi all’ipotesi di una rapina compiuta da due o più soggetti. Ovviamente, l’identificazione dei malviventi, già difficoltosa, diviene quasi impossibile.
L’accuratezza del ricordo
Spesso si associa l’accuratezza del ricordo con la “sicurezza” del testimone. Ciò perché, in genere, si ritiene che quanto più il testimone sia “sicuro” di quello che ha visto, tanto più il ricordo sia accurato e quindi la testimonianza sia corretta. Il tema è ancora dibattuto e non è certamente di poco conto. Quello che sembra condiviso in materia è che se si deve fare riferimento a questo criterio, risulta più attendibile la “sicurezza” al momento della prima testimonianza, rispetto alla “sicurezza” quando la testimonianza viene resa in un procedimento giudiziario. Ciò in quanto dal momento dell’evento al momento in cui il testimone viene chiamato a parlare, passa del tempo, vale a dire giorni, mesi, o anche anni. In questo lasso di tempo, il testimone parla dell’evento con parenti, amici ed altre persone. Il parlare dei fatti rende però il testimone sempre più convinto della sua versione. Ciò significa che ci può anche essere una forte discrepanza tra la “sicurezza” della prima testimonianza e quella al momento del procedimento giudiziario.
Gli interrogatori
Se la mente ci inganna, ma ne siamo consapevoli, possiamo rimediare cercando di capire in che modo lo fa e quindi prendere le dovute contromisure. Ma cosa dire delle procedure d’interrogatorio dei testimoni oculari? Possono compromettere la qualità del ricordo di un testimone e portarlo a dire cose inesatte? La risposta è: purtroppo sì.
Ci sono vari modi in cui la conduzione di un interrogatorio può falsare il ricorso di un testimone. Un primo errore può risultare nel porre domande “fuorvianti”. Ad esempio, se vi sono più testimoni di un evento criminoso, come una rapina, le domande che vengono poste ai testimoni medesimi devono essere “neutrali”. Se ad esempio il testimone 1 ha riferito che i rapinatori erano due uomini incappucciati, è un errore molto grave porre una domanda al testimone 2 del tipo: “che armi avevano i due rapinatori incappucciati?”. In questo modo, è facile che il testimone 2 faccia sua questa informazione e riferisca anch’egli di aver visto due rapinatori incappucciati. È invece fondamentale avere informazioni che non siano state influenzate in nessun modo. E’ quindi un grosso errore anche sentire i testimoni tutti insieme, in quanto questi sicuramente si influenzeranno a vicenda.
Show-up e line-up
Chi non ha mai visto, nei film di produzione statunitense, quelle scene in cui mostrano ad un testimone una serie di foto segnaletiche o gli fanno vedere alcune persone in fila tra le quali deve riconoscere la persona che avrebbe compiuto il fatto criminoso? Il primo procedimento è lo show-up, il secondo è il line-up. Ma queste procedure possono essere dannose per la memoria dei testimoni oculari? Possono influenzare i suoi ricordi?
È stato verificato che vedere molte foto (anche centinaia) in un breve lasso di tempo, può essere dannoso per l’accuratezza del ricordo. Talvolta, quindi, si cerca di utilizzare lo show-up in maniera diversa. Ad esempio, il testimone al momento in cui vede le foto dà un punteggio in relazione alla somiglianza con colui che avrebbe compiuto il crimine. In questo modo, dopo aver visto tutte le foto, vengono mostrare nuovamente le foto con il “grado di somiglianza” più alto. Nel line-up, invece, vengono mostrate al testimone il presunto criminale insieme a quattro o cinque “fillers”, cioè altri soggetti somiglianti al sospettato. Anche qui è stato però visto che i risultati non sono il massimo dell’affidabilità. Ad esempio, le line-up possono anche essere composte completamente da “fillers” quindi senza il soggetto sospettato del crimine. Si è però spesso riscontrato che anche se al testimone veniva detto che il sospettato poteva non essere presente nella line-up, la tendenza era comunque quella di individuare un soggetto, anche se il sospettato non era presente. Alcuni studi evidenziano poi l’opportunità che le line-up non siano condotte dagli appartenenti alle forze dell’ordine coinvolti nell’indagine, in quanto potrebbero influenzare il riconoscimento del sospettato da parte del testimone. Quest’ultima questione è comunque ancora dibattuta.
Articolo a cura di Ciro D’Ardia.