Come abbiamo letto sui libri e molto probabilmente studiato a scuola, nel 79 d.C. l’eruzione del Vesuvio provocò la completa distruzione delle città di Ercolano e Pompei. Come testimoniato dalle lettere che Plinio il Vecchio inviò a Tacito,
la nube si estenuava in un ampio ombrello: a tratti riluceva d’immacolato biancore, a tratti appariva sporca, screziata di macchie secondo il prevalere della cenere o della terra che aveva sollevato con sé
Quella sera Plinio venne ospitato nella villa dell’amico Pomponiano, ma, durante la notte, fu svegliato dai fumi provocati dall’eruzione che probabilmente lo intossicarono e ne causarono la morte. Plinio, come tanti altri, fu una vittima dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C che seppellì sotto una coltre di materiali piroplastici la città di Pompei. Nel corso del tempo, sono stati realizzati molti studi archeologici che hanno portato alla luce non solo reperti risalenti a 2000 anni fa, ma anche corpi di molte di quelle vittime presenti al momento dell’eruzione. Quest’anno, nonostante la pandemia abbia bloccato moltissime attività, sono stati portati avanti gli scavi archeologici nella villa suburbana di Civita Giuliana, una tenuta di epoca augustea, conservata in maniera straordinaria e, dalla quale, nel corso degli anni sono stati rinvenuti diversi reperti, tra cui anfore, utensili da cucina e persino una tomba del periodo successivo al 79 d.C. La villa in questione è stata oggetto di altre preziose scoperte negli ultimi anni tra cui affreschi, graffiti e persino un cavallo. Come specificato dal direttore dei lavori Massimo Osanna,
si tratta di una residenza di altissimo pregio, con ambienti riccamente affrescati e arredati, sontuose terrazze digradanti che affacciavano sul golfo di Napoli e Capri, oltre ad un efficiente quartiere di servizio con l’aia, i magazzini per l’olio e per il vino che in profluvio di terrazzamenti e piscine si estendeva fino al mare
In questo caso, sono stati portati alla luce due corpi perfettamente integri di un uomo di circa quarantanni avvolto da un mantello di lana e il suo presunto giovane schiavo.
Gli scavi sono stati condotti intorno al lunghissimo criptoportico edificato sotto ad una delle grandi terrazze della villa. Il vano, in cui sono stati ritrovati i due corpi, era sfuggito agli scavi risalenti al primo Novecento. Non solo, fortunatamente è sfuggito anche ai tombaroli che invece hanno lasciato segni del loro passaggio proprio accanto ad una delle due vittime. Quel vano è rimasto praticamente intatto, conservando preziosamente i corpi dei protagonisti di questo scavo. Questa scoperta è stata resa possibile grazie ad un’antica tecnica messa a punto nel 1863 da Giuseppe Fiorelli. Una tecnica usata negli anni a venire per molti calchi, tra cui quelli di Amedeo Maiuri negli anni Cinquanta, di un gruppo di tredici persone, probabilmente un nucleo familiare, e ad oggi ancora utilizzata da Osanna nel Parco Archeologico di Pompei. Il metodo consiste nel colare del gesso liquido nelle cavità lasciate dai corpi decomposti nel corso del tempo all’interno del materiale vulcanico. Una volta che il gesso si è solidificato, si può procedure con lo scavo per portare alla luce la forma ottenuta.
Grazie a delle prime analisi, è stato possibile individuare in uno dei due soggetti ritrovati, un giovane tra i 18 e i 23 anni, alto 1,56 metri. Il ragazzo indossa una tunica corta, non troppo lunga, che arriva sopra il ginocchio e lascia le gambe scoperte. Le tracce di tessuto presenti sul corpo suggeriscono che si tratti di una stoffa pesante, probabilmente lana. Ciò che ha convinto gli archeologici ad affermare che si tratti probabilmente di uno schiavo sono gli schiacciamenti vertebrali, inusuali considerando l’età del ragazzo. Questo ha fatto pensare che potesse svolgere lavori pesanti e ciò ha quindi ricondotto all’ipotesi che si trattasse di uno schiavo. Durante la riesumazione di questo calco, è stato individuato anche il secondo corpo, trovato proprio accanto al primo. L’uomo in questione è più anziano rispetto al primo, probabilmente intorno ai 30/40 anni di età e alto 1,62 metri. Ha le braccia ripiegate con le mani sul petto, mentre le gambe sono divaricate e con le ginocchia piegate. Anche in questo caso, le tracce di tessuto presenti sul corpo hanno permesso di individuare che il soggetto indossasse un mantello di lana e una tunica. Che si tratti del padrone dello schiavo? Probabile, ma gli scavi, ancora in corso all’interno del Parco Archeologico di Pompei, potranno chiarire meglio il ruolo di questi due uomini pompeiani e dove fossero diretti.