A partire dall’uomo nel suo complesso alla più piccola cellula che lo compone, la vita è possibile solo in presenza di un’adeguata quantità di ossigeno e lo stesso vale per i tessuti umani realizzati in laboratorio; quest’ultimo aspetto presenta ancora numerose difficoltà ma i bioingegneri della Harvard Medical School e del Brigham and Women’s Hospital di Cambridge hanno realizzato delle alghe stampate in 3D capaci di fornire ossigeno sufficiente.
Se da un lato, infatti, l’ingegneria tissutale continua a compiere passi da giganti nella produzione in vitro di organi 3D funzionali per sostituire totalmente o parzialmente una componente del corpo umano “difettosa”, come la realizzazione di mini-fegati, dall’altro lato è necessario che le nuove cellule create ricevano sufficiente O2 per non morire.
Fino a ora, tra le soluzioni trovate ci sono l’integrazione degli scaffolds con biomateriali che rilasciano ossigeno come perossido di calcio o di magnesio ma si sono dimostrati citotossici a causa del rilascio di perossido di idrogeno; altra alternativa è la fabbricazione di canali vascolari tramite bioprinting in grado di essere perfusi all’interno degli scaffolds.
In questo studio, è stato osservato un’ottima relazione di simbiosi in vitro tra alghe e cellule del fegato di mammiferi; nello specifico, il bioinchiostro è stato ottenuto mescolando la Chlamydomonas reinhardtii, alga eucariote unicellulare, con strutture sacrificali di geometria prefissata (un recente studio ha preso ispirazione dai mattoncini della LEGO) a base di cellulosa, inseriti successivamente all’interno di costrutti idrogel a base di gelatina metacriloile (GelMA) che ospitano cellule derivate dal fegato.
Gli aspetti su cui i ricercatori si sono soffermati sono due: la quantità di O2 prodotta in grado di supportare la vitalità e le funzioni delle cellule derivate dal fegato umano all’interno dei costrutti tissutali e la fattibilità della formazione di microcanali cavi dopo la coltura e la rimozione enzimatica del bioprinting permettendo la semina di cellule endoteliali (tipiche dei vasi sanguigni) nei microcanali per ottenere costrutti simili a tessuti epatici vascolarizzati (si veda video a fine pagine che dimostra l’ottima vascolarizzazione).
Durante la sperimentazione, si è osservato che quando effettuavano la fotosintesi, le cellule dell’alga producevano ossigeno sufficiente per le cellule umane, che in questo modo potevano crescere ad alta densità e produrre le proteine specifiche del fegato. Viceversa, l’anidride carbonica rilasciata dalle unità biologiche del tessuto permetteva al vegetale di sopravvivere.
Inoltre, l’ottima biocompatibilità e degradazione enzimatica del modello ha permesso la formazione di canali perfusi cavi all’interno dei costrutti che potevano essere impiegati per la formazione di vasi sanguigni mediante uno strato uniformemente distribuito di cellule endoteliali della vena ombelicale umana (HUVEC), utilizzate come sistema modello di laboratorio per lo studio della funzione e della patologia delle cellule endoteliali.
Tuttavia, sono necessari ulteriori studi per esaminare la biosicurezza, tossicità e immuno-compatibilità delle alghe per la loro applicazione in vivo; un altro ambito di applicazione di queste alghe è dato dal fatto che rappresentano una fonte di diversi composti bioattivi come proteine, carboidrati, acidi grassi polinsaturi, carotenoidi, vitamine e minerali essenziali quindi, se incorporati, possono aumentare il valore nutritivo dei prodotti alimentari, fornendo così molteplici benefici per la salute.