Nel 2018 l’Università Federale Nord-Orientale della Russia e l’università giapponese di Kindai, insieme alla popolazione siberiana, hanno estratto da una profonda voragine i resti fossilizzati di un giovane cavallo preistorico vissuto 42 mila anni fa. Il corpo del cavallo preistorico era situato nella cosiddetta “Porta dell’Inferno” in Siberia. Non è la prima volta che nella Porta dell’Inferno si trovino reperti eccezionali, infatti questa depressione profonda un centinaio di metri, generatasi solo qualche anno fa, ha riservato diverse sorprese. La porta dell’Inferno, la cui profondità aumenta di anno in anno è tecnicamente conosciuta col nome di cratere di Batagaika.
Una squadra di ricerca internazionale, guidata dagli scienziati dell’Università Federale Nord-Orientale della Russia e del Mammoth Museum, in collaborazione con i colleghi dell’Università della Jacuzia, del Sooam Biotech Research Foundation della Corea e dell’Università di Kindai del Giappone, si è occupata dell’estrazione del sangue ancora liquido dal corpo del cavallo preistorico. Definendolo il sangue più antico del mondo.
Il permafrost siberiano ha fatto sì che il corpo del piccolo cavallo preistorico si conservasse perfettamente. Quando l’esemplare fu trovato la temperatura della zona era di -67 °C. Tali temperature favoriscono la conservazione. Gli scienziati hanno, infatti, commentato che è uno degli esemplari meglio conservati al mondo. Dagli studi è emerso che il puledro è morto giovanissimo, aveva appena una o due settimane, a causa di una pozzanghera di fango nella quale è affogato. La stessa pozzanghera, ritrovata anche nel suo tratto digestivo, è congelata, congelando anche il piccolo, che è giunto intatto fino ai giorni nostri. Anche gli apparati interni del cucciolo si sono conservati alla perfezione. Semyon Grigoryev, capo del Mammoth Museum di Yakutsk ha evidenziato come i suoi muscoli presentino ancora il tipico colore rossastro. Persino il pelo si è conservato in parte. Semyon Grigoryev ha commentato al riguardo: “Ora sappiamo di che colore erano i cavalli del Pleistocene”. Il professor Grigoryev è rimasto sorpreso appena ha visto le condizioni del puledro in quanto è davvero la prima volta che un esemplare, dopo migliaia di anni, giunga perfettamente conservato. Generalmente risultano danneggiati, o con parti mancanti, o con deformazioni.
Grazie alla perfetta conservazione anche degli organi interni, gli scienziati hanno potuto estrarre del sangue liquido dai vasi cardiaci. Il team di ricerca che si è occupato dell’estrazione del sangue dal cavallo preistorico vorrebbe ricorrere alla clonazione dell’esemplare. Anche se il professore Semyon Grigoryev, capo del Mammoth Museum di Yakutsk, non si dichiara ottimista sulle effettive possibilità di clonare il cavallo preistorico. La clonazione, infatti, non sarebbe un processo semplice, perché prima dovrebbero essere estratte cellule somatiche vitali per poi coltivarle in laboratorio, cosa che, al momento, non sono riusciti a fare. Ma non finisce qui. Sarebbe necessario avere una cavalla “surrogata” che dovrebbe dare alla luce l’esemplare di una specie estinta. Il cavallo preistorico ritrovato, apparteneva ad una specie ormai estinta conosciuta come Lenskaya o Cavallo Lena (Equus lenensis), geneticamente distinta dai cavalli moderni.
Come anticipato, il cavallo preistorico non è stato l’unico reperto ad essersi conservato grazie al permafrost. Infatti, nel 2018 venne ritrovata la tomba di un principe siberiano, rimasta intatta sotto i ghiacci per tremila anni, dall’archeologo Gino Caspari, sotto un’area di terra perfettamente rotonda della Uyuk Valley, nella Repubblica popolare di Tuva. Ad Ercolano, invece, in seguito all’eruzione del Vesuvio, si sono conservati, come sappiamo, alcuni corpi. Oltre a ciò hanno recentemente ritrovato neuroni perfettamente integri di 2000 anni fa. Infatti, la lava “ha congelato” le strutture cellulari del sistema nervoso centrale, grazie al processo di vetrificazione, preservandole in maniera perfetta fino ad oggi.