Chiunque di noi è entrato in contatto con il mondo dell’olografia, magari senza saperlo. Gli ologrammi sono utilizzati, ad esempio, per motivi di sicurezza su banconote, carte bancarie e passaporti e negli ultimi tempi si è sentito parlare di introdurre tale tecnologia nel mondo del circo, in sostituzione degli animali addomesticati. Più in generale le loro applicazioni spaziano ampiamente, dall’arte all’intrattenimento, dalla navigazione all’imaging medico.
L’olografia classica crea una rappresentazione bidimensionale di un’immagine tridimensionale con un raggio di luce laser suddiviso in due. Il primo raggio, noto come raggio oggetto, illumina il soggetto da reindirizzare e la luce riflessa viene raccolta da una fotocamera o da una speciale pellicola olografica. Il secondo raggio, noto come raffio di riferimento, viene fatto rimbalzare da uno specchio direttamente sul piatto di raccolto senza toccare il soggetto. A questo punto, i due raggi si mescolano e creano uno schema di interferenza, un processo abilitato da una proprietà della luce nota come “coerenza”.
“L’olografia classica fa cose molto intelligenti con la direzione, il colore e la polarizzazione della luce, ma ha dei limiti, come l’interferenza di sorgenti luminose indesiderate e una forte sensibilità alle instabilità meccaniche”, ha detto il fisico Hugo Defienne dell’Università di Glasgow in Scozia.
Il nuovo processo di olografia quantistica del team di Defienne usa una configurazione simile dove un raggio di luce laser viene suddiviso in due percorsi. A differenza dell’olografia classica, i due raggi non sono diretti entrambi su una singola piastra di raccolta. Il processo sfrutta le proprietà uniche dell’entanglement quantistico – processo che Einstein chiamava “azione spettrale a distanza”. Si tratta di un fenomeno per cui coppie di particelle – in questo caso fotoni – si legano in modo tale che le azioni compiute l’una influenzino l’altra, anche a distanza significativa.
Tale processo è dapprima condotto in laboratorio. Un fascio di luce blu brilla attraverso lastre di cristallo borato beta bario accoppiate. Questo particolare cristallo divide il raggio in due andando ad individuare i fotoni “entangled”. Questi fotoni sono definiti tali sia nella loro direzione di viaggio, sia nella polimerizzazione. Un raggio, come per l’olografia tradizionale, è indirizzato all’oggetto prima di essere raccolto dal piatto. Nel frattempo, l’altro fascio di fotoni entangled è inviato ad un modulatore di luce spaziale. I modulatori di luce sono dispositivi ottici che possono rallentare in modo frazionario la velocità della luce che li attraversa.
Questo leggero rallentamento altera la fase dei fotoni dando luogo ad uno degli aspetti più sorprendenti di tale tecnica: i fotoni non si sovrappongono mai. L’ologramma si ottiene misurando le correlazioni tra le posizioni dei fotoni entangled utilizzando fotocamere megapixel separate. Per ottenere un’immagine ad alta risoluzione, quattro ologrammi, misurati per quattro diversi sfasamenti globali, sono combinati.
Il team ha utilizzato questa nuova tecnologia per generare il logo dell’università di appartenenza, ma anche oggetti tridimensionali come un nastro trasparente, parte di una piuma di uccello e goccioline di olio di silicone posizione sul vetrino di un microscopio. Defienne afferma che “il processo sviluppato ci libera da quei limiti della coerenza classica e introduce l’olografia nel regno quantistico. L’uso di fotoni entangled offre nuovi modi per creare ologrammi più nitidi e dettagliati, che aprono nuove possibilità per applicazioni pratiche della tecnica. “
Le varie applicazioni dimostrano il potenziale utilizzo della tecnica per misurare le strutture biologiche. “Una di queste applicazioni potrebbe essere nell’imaging medico, dove l’olografia è già utilizzata in microscopia per esaminare i dettagli di campioni delicati che sono spesso quasi trasparenti. Il nostro processo consente la creazione di immagini ad alta risoluzione e con un rumore inferiore, che potrebbero aiutare a rilevare i dettagli più fini delle cellule e aiutarci a saperne di più su come funziona la biologia a livello cellulare”, ha detto Defienne.
Il prof. Daniele Faccio, coautore dell’articolo pubblicato su Nature Physics, ha dichiarato: “I computer quantistici e le reti di comunicazione quantistica del futuro richiederanno almeno quel livello di dettaglio sulle particelle entangled che useranno. Ci avvicina di un passo per consentire un vero e proprio cambiamento in quei campi in rapido sviluppo. È una svolta davvero entusiasmante e siamo ansiosi di costruire su questo successo con ulteriori perfezionamenti”.